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Ludmila prete cattolico

VERA DONNA
VERO PRETE

ho pubblicato questo articolo in  Adista/Nuovi Segni n. 26
dl 4 luglio 2020



Nome: Ludmila. Attività: Prete cattolico. Felicemente in vita, per lei e per noi.
Ludmila Javorová: ordinata il 28 dicembre 1970, a Brno [allora Cecoslovacchia, ora Repubblica Ceca], dal vescovo Felix Maria Davídek.


E fu così che, come dice il salmista, le montagne saltellarono come arieti, le colline come agnelli di un gregge [Salmo, 114]. Forse no, non saltellarono. Comunque,  quasi nessuno si sarebbe accorto dell’ordinazione perché in quei tempi in Cecoslovacchia un’iniziativa del genere, donna o non donna, poteva solo essere underground, clandestina. Era la via al socialismo dal volto truce che lo impediva. Già si era mostrata nei primi anni Cinquanta cannibalizzandosi con l’impiccagione dei deviazionisti, il segretario del partito, Rudolf Slánský, il ministro degli esteri, Vlado Clementis, e una dozzina di altri, molti dei quali avevano anche il difetto di costruzione di essere ebrei. Nessuna discriminazione di genere, Milada Horáková, leader della lotta antinazista, viene impiccata all’alba del 27 giugno 1950  nella prigione Pankrac di Praga.

Milada Horakova al processo
La Chiesa Cattolica era una seria antagonista della Repubblica Popolare, ma poco credibile, specialmente in Slovacchia, dove lo Stato collaborazionista con Hitler era stato guidato da monsignor Jozef Tiso, anche se in Boemia la Chiesa aveva allevato preti anarchici e surrealisti come Jakub Deml (1878-1961). Nel dopoguerra se eri un prete cattolico potevi sperimentare le montagne russe e nel 1951 venir condannato all’ergastolo, essere liberato nel 1966, nel 1970 riabilitato, nel 1975 cancellata la riabilitazione e nel 1990 di nuovo riabilitato, come capitò a Oto Mádr (1917-2011), teologo della chiesa morente. Oppure ci si doveva infilare nella Chiesa patriottica,  governata dal Partito e dallo Stato, e così il mestiere di prete poteva essere praticato con una certa tranquillità, adeguandosi alle intemperie del clima politico di Praga, ora primavera ora inverno. Un merito inconsapevole il regime l’ha avuto: con la confisca dei beni ha costretto la Chiesa Cattolica a praticare finalmente la tanto decantata povertà evangelica.

Ludmila  al lavoro nella fabbrica di tappeti
Aveva trentotto anni Ludmila quando veniva ordinata prete dal vescovo  Felix Maria Davídek, che era anche medico, ed era a sua volta stato ordinato clandestinamente nel 1967 dal vescovo Jan Blaha [1838-2012], consacrato di nascosto dal vescovo gesuita Peter Dubovský, Sj (1921–2008), clandestinamente ordinato dal vescovo Dominik Kaľata [1925-2018], nascostamente ordinato da…Per fare un vescovo ci vuole un vescovo. Per fare un vescovo clandestino ci vuole la rinuncia alla liturgia solenne e alle cerimonie fastose. Per fare il vescovo clandestino ci vuole una diocesi di fatto e non di diritto canonico, cioè una comunità di persone, i Koinótés, appunto, come volle chiamare Davídek la sua rete comunitaria, in cui ordina preti anche uomini sposati che incardina nella Chiesa Cattolica di rito bizantino che li include nel proprio ordinamento. Nomina Ludmila Javorová suo Vicario Generale, la mansione di chi aiuta e organizza l’attività del vescovo in una diocesi cattolica.  

Non era un teologo barricadero Davídek, tra i protettori della sua comunità aveva previsto nientemeno che padre Pio e papa Pio XII. Non era Dietrich Bonhoeffer e le sue comunità non erano la Chiesa Confessante tedesca, ma sicuramente erano una chiesa resistente. Un po’ Davídek si ispirava al teologo/scienziato Teilhard de Chardin, allora seriamente diffamato dalla gerarchia cattolica, oggi riconsiderato, ma era soprattutto molto preoccupato dal ritorno di un qualche neostalinismo con relativa persecuzione a raffica della Chiesa Cattolica. Ne sapeva qualcosa, si era fatto quattordici anni di carcere, dal 1950 al ’64. L’idea di pericolo lo spingeva alla proliferazione delle ordinazioni: che ogni comunità per quanto esigua avesse come riferimento un ministro, prete o vescovo, uomo o donna che fosse. Disegnando, forse inconsapevolmente, un nuovo modello di chiesa. Morto nel 1988 non ebbe modo di vedere gli avvenimenti epocali dell’anno successivo né di scoprire che, senza alcun intervento di Stalin, tre quarti degli adulti della Repubblica Ceca si dichiarano oggi atei, agnostici e senza alcuna religione.

Tornando a casa dal lavoro, il 28 dicembre, mi fermai da Felix e gli dissi: “Sì, riceverò l’ordinazione”. Fu tutto molto semplice. Dissi di sì all’ordinazione e così accettai di ricevere tutto ciò che essa implicava, tutte le conseguenze che vi erano connesse. Naturalmente non avevo idea della grandezza e della forma della croce che mi stava davanti e che mi aspettava. Né sapevo come avrei espresso questo carisma, ma lo accolsi con fede, senso di responsabilità ed amore racconta Ludmila. Subito dopo il rito celebra la sua prima messa che resterà sempre un atto individuale e riservato. Il 25 e 26 dicembre 1970 si era tenuto nel villaggio di Kobeřice, poco distante da Brno, il concilio della chiesa underground sul tema dell’ordinazione delle donne. Dopo due anni di studi, incontri e seminari, si ritrovano preti, vescovi, laici, suore, rispettando le consuete e rigorosissime regole per non dare nell’occhio. Il concilio si spacca esattamente a metà, ma  Davídek va avanti secondo coscienza e ordina Ludmila. Ne patisce il codice di diritto canonico, ma non la sacramentalità dell’ordinazione.

Quando nel 1995 Javorová rende nota la sua condizione di prete consacrato e il fatto che continua, e vuole continuare, a celebrare messa, le gerarchie romane vanno nel panico, evitano qualsiasi dialogo, richiedono abiure, mettono sotto silenzio.
Il mio tentativo qualche anno fa di incontrarla a Brno, dove svolge attività pastorali in parrocchia, non ha avuto successo. La sua riservatezza è ferrea.

Non risulta che la Chiesa Cattolica sia sprofondata agli inferi a causa di questa vera donna vero corpo femminile vero prete sacerdos in aeternum. Altre diffuse rogne sessuali minacciano pesantemente l’istituzione.  Satana non ha prevalso, anche se alcuni cardinali vanno predicando che l’uomo vestito di bianco [uno dei due] che si aggira per le stanze del Vaticano e sotto la cupola di san Pietro lasci dietro di sé una scia sulfurea.

Svuotare di sacralità il ruolo del prete cattolico in nome del “sacerdozio universale dei credenti” oppure rendervi comunque partecipi le donne sempre in nome del “sacerdozio universale”? Il confronto su questi due estremi, minoritario ma non irrilevante, è aperto anche nel mondo cattolico, nonostante le inflessibili prese di posizioni della gerarchia, papa Francesco compreso. L’incalzante questione del crollo delle “vocazioni” maschili scardinerà presto o tardi la negazione ecclesiastica di un compito ministeriale femminile. E’ così dolente il ricordo del primo Apostolo che riceve il comandamento da Gesù di annunciare a tutti gli altri il fondamento della fede, la sua Resurrezione? Il primo Apostolo di nome faceva Maria di Magdala [Giov. 20, 11-18].

Matteo Blastares, canonista bizantino del XIV secolo, nel ricordare come le donne nei primi secoli del cristianesimo accedessero all’altare, attribuisce la fine di questa tradizione al fatto che le donne hanno un incontrollabile flusso mensile di sangue. Sono cioè impure.
Vuoi mettere che?



ne avevo già scritto dieci anni fa sollevando pochissimo interesse

testo di Matteo Blastares in   Ordained Women in the Early Church: A Documentary History, Evid Madigan, Carolyn Siek, The Johns Hopkins University Press, 2005, pag 138

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