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RESTIAMO UMANI 6

 

Isaac Cordal    

8 marzo 2024

 

RESTIAMO UMANI N. 6

Biden ha paracadutato un certo numero di pacchi di cibi precotti agli affamati e affamate di Gaza. Da 1000 metri. Com’è buono Biden! Là sotto tra i famelici avrà la meglio il più robusto e manesco. E’ una delle tante subguerre che si perfezionano dentro una guerra grande. Li chiamano aiuti umanitari. Com’è umano Biden!

L’unico regista capace di rendere questa scena è Hieronymus Bosch, ma è morto tanto tempo fa.

Nell’ottobre del 1956 si è invece dipanata questa scena: Israele invade Gaza perché vorrebbe arrivare al Canale di Suez dove già si trovano i carrarmati inglesi e francesi. Ma una telefonata dal presidente degli USA sconsiglia a Israele, e a Francia e Gran Bretagna, di proseguire nell’azione. Minaccia disastri finanziari ai tre e, se non bastasse, l’arrivo dei marines. D’accordo con l’Unione Sovietica. Che, per conto suo, sta spiegando all’Ungheria che il socialismo reale è una cuccagna. Per convincere i refrattari ungheresi non usa altoparlanti, bensì proiettili di piccolo e grosso calibro. L’Ungheria confina ancora oggi con l’Ucraina.

Joe Biden andava alle medie. Il presidente si chiamava Dwight D. Eisenhower, per tutti Ike. Generale, repubblicano.

 

Aaron Bushnell, soldato americano venticinquenne, lo scorso  25 febbraio si è recato di fronte all’ambasciata Israeliana a Washington e si è dato fuoco al grido Free Palestine. Un poliziotto dell’ambasciata gli ha puntato contro la pistola.

Non è diventato un’icona della nostra epoca, come il monaco a Saigon nel 1963 o Jan Palach a Praga nel 1969. I media internazionali oggi lavorano in modo diverso. molto diverso. Diversi anche noi, molto. 


- Noi, per difendere un posto del genere, avremmo lottato come non so cosa, invece quelli lì scappano, non ci provano nemmeno a combattere!- esclamò Gabi.

- Lascia stare gli arabi, non sono esseri umani, - ribatté il radiotelegrafista*

E’ il ritornello che risuona martellante nella testa degli israeliani ebrei. Non proprio tutti, la maggioranza.

Risuona in Palestina da fine Ottocento quando i pionieri, i Haluzim, hanno cominciato a insediarsi trasformandosi da coloni agrari in colonizzatori, risuona nei sabra, i nativi ebrei educati agli ideali sionisti. Una storiografia israeliana sovrabbondante sta lì a documentare con precisione. Cos’è rimasto delle mitologie che li hanno alimentati? Quasi niente se non un suprematismo convinto e rivendicato. Noi siamo più forti, più combattivi, più acuti, più potenti. Invincibili ovunque e sempre. Autocompiaciuti 24 ore al giorno. 

Gli altri, gli arabi (palestinesi non esiste nel vocabolario israeliano) sono solo delle bestie selvagge, come ha ribadito più volte Netanyahu. Da questo razzismo lampante deriva il sadismo istituzionale: bombardare Gaza per l’ennesima volta, bombardare definitivamente le bestie chiuse nel recinto, e se fanno confusione avvicinandosi  ai sacchi di farina, sparargli in faccia.

Non è né strategia militare né progetto politico. E’ platealmente lo sfogo di un istinto costruito con sapienza nella guerra dei cent’anni tra ebrei e palestinesi. Riduce in cenere le disprezzate persone e cose di Gaza e riduce lo Stato di Israele ad uno Stato Canaglia, cioè ad uno shtetl gigante, che non parla più il detestato yiddish dei perseguitati e sottomessi, ma che è odiato da tutto il mondo. 

 

[Netanyahu vuole questo odio e vuole che tutti gli israeliani se lo sentano addosso, così può autocertificarsi come l’unico vero Salvatore del Popolo d’Israele, quasi l’atteso Messia. Un Sabbatai Zevi postmoderno. V. anche Restiamo Umani n. 2.

Netanyahu  ha anche tranquillamente dichiarato, non è il solo,  che Hitler NON voleva sterminare gli ebrei e fu convinto a farlo dai palestinesi, in particolare dal Muftì di Gerusalemme. L’ha sostenuto davanti al Congresso Sionista Mondiale a Gerusalemme]

 

Hamas si specchia in Israele. Ne invidia la potenza e il suprematismo, mima la sua arroganza maschioide, tira dalla sua il dio di Abramo esattamente come fa la nomenklatura israeliana, chiama i suoi guerrieri martiri come Netanyahu definisce i suoi eroi biblici.


-E’ così ottenebrata dal nemico mitologico che ha pensato di imporgli un’umiliazione mai vista prima per demolirne l’imponenza. Aveva previsto che la Cisgiordania sarebbe subito insorta, i due milioni e mezzo di palestinesi israeliani avrebbero scatenato chissà che, i paesi arabi e milizie varie sarebbero accorse e …Free Palestine!


-Oppure, Hamas è molto lucida, conosce bene il suo nemico, ha preventivato la rappresaglia feroce e cesellato il suo calcolo escatologico: le decine di migliaia di martiri di Gaza vanno ad affollare i piani alti del paradiso-Jenna e la causa palestinese guadagna una pubblicità mondiale.

 

-Hamas sta nel campo delle vittime, autorizza anche un’altra prospettiva, quella militante, come conferma Majed Abusalama, brillante giornalista nato a Gaza, residente a Berlino, dottorando a Tampere, Finlandia, molto apprezzato in Italia. Per lui il pogrom** del 7 ottobre vuol dire che la liberazione non è più solo un sogno, vuol dire che I bambini palestinesi sono stati in grado di concepire di sfuggire al male di Israele. Che la possibilità di liberazione non vive solo nei loro sogni.

Vuol dire, commento io, che sono tali e tanti i crimini del colonialismo israeliano, e su questo è difficile dissentire, che alle vittime deve essere concesso tutto. Che lo status di vittima è sciolto da ogni limite, è assoluto. Non c’è corpo che non possa essere trucidato, soprattutto se sta ballando, non c’è corpo di donna che non possa essere brutalizzato, non c’è corpo affaticato di bracciante immigrato a cui non si possa spaccare il cranio, se questi corpi si fanno trovare nell’area del nemico. Suppongo che Majed Abusalama classifichi queste operazioni come resistenza e lotta di liberazione. Non solo lui.

 

Il prossimo sogno di liberazione fra tot anni dovrà finalmente essere all’altezza della potenza di fuoco di Israele. 

Il sogno successivo non avrà più bisogno di realizzarsi né in forma di pogrom né di operazione militare speciale perché non esisterà più Israele. Free Palestine!

Molti palestinesi si cullano con questo sogno millenarista fantasticando sul Giorno del Giudizio.

 

Io sono un europeo, bianco e privilegiato, come ribadisce Abusalama. Sarei anche maschio, ma questo argomento non gli è familiare. Non sono bombardato e al massimo mi becco una manganellata se do uno spintone ad un poliziotto in assetto di guerra e nessuno di conseguenza mi butta giù la casa con un apposito bulldozer né mi spara al cuore. Non ho niente da insegnare ai palestinesi. Ma ho anch’io un vecchio sogno infantile: che qualcuno di loro, magari sfogliando i quaderni dal carcere di un detenuto a vita kurdo***, ne pilucchi qualche intuizione nuova, spiazzante sia per il nemico sia per se stessi, finalmente deragliata dell’ossessivo binario morto carnefice o vittima, vittoria o morte, noi o loro… Free Palestisraele!

 

Per Israele non ho sogni, piuttosto incubi, che fanno riaffiorare la truce storia biblica di Muoia Sansone con tutti i Filistei, che si svolge, guarda un po’, a Gaza (Filastin come insegna etimologia sta ad indicare Palestina).

Non ho sogni, ma deliri. Vedo Israele che continua a deridere, invece che metterli in pratica, i propri disprezzati maestri, quelli che osavano suggerire che i migliori alleati degli israeliani sarebbero i palestinesi. ****

 

* pag. 17, La rabbia del vento, di S. Yizhar, nella bella traduzione di Dalia Padoa, Einaudi, 2005. E’ un racconto breve che in originale si intitola Khirbet Khiza ad indicare un immaginario paese palestinese i cui abitanti vengono espulsi dall’esercito israeliano. E’ stato pubblicato nel 1949 da S. Yizhar, pseudonimo di Yizhar Smilansky, 1916-2006, considerato da molti il più grande scrittore israeliano vivente, come scriveva Raffaella Scardi su Rassegna mensile di Israel, n. 8 del 1964.

** pogrom. Ho sempre definito pogrom il raid di Hamas del 7 ottobre scorso. Con molti dubbi sull’uso di questo termine nato in un diverso contesto storico.

Mi sono poi tranquillizzato quando ho visto che su + 972 Magazin, Indipendent Journalism from Israel-Palestine, fondamentale organo di informazione on line diretto da un team israeliano e palestinese, le incursioni dei coloni israeliani contro i palestinesi in Cisgiordana, sono sempre definite pogrom pur essendo i responsabili ebrei. Come qui e in decine di altri articoli:

 
*** i Quaderni dal carcere sono quelli che ha scritto e continua a scrivere Abdullah Ȍcalan, che sta chiuso, unico detenuto, in una cella del carcere di massima sicurezza turco nell’isola di Imralı. Da 25 anni. Il suo pensiero innovativo ha ispirato e ispira molte comunità kurde del Rojava.

Sprazzi di utopia, qualche delirio, applicazioni discutibili, volontà di uscire dal pensiero binario.

**** Qualche micro suggerimento qui e qui

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