ETTORE BIGNONE
Ho scritto questa breve nota per Il sale della terra, a cura di Emilio Gardiol, Panerose editore, Pinerolo 2023
Ettore
Bignone, il grande storico italiano della filosofia epicurea, ha pubblicato
recentemente due grossi volumi su Epicuro: L’Aristotele perduto e la formazione filosofica di
Epicuro. In questa opera egli non fa mistero del suo entusiasmo e della sua
partecipazione in cui sembrano trovare espressione – implicitamente – i
sentimenti assai attuali in merito alle condizioni della cultura del regime
odierno in Italia: e così si continua a guardare ad Epicuro come ad un
liberatore, scriveva Paul Nizan in una nota a piè pagina del suo I
materialisti dell’antichità in una edizione della fine degli anni Trenta
del Novecento. Una pallottola tedesca metterà fine alla vita del
trentacinquenne Nizan nei pressi di Dunkerque il 23 maggio 1940. Una vita
febbrile, politicamente focosa e scompigliata. Il suo romanzo anticoloniale Aden
Arabia comincia con una celebre affermazione: Avevo vent’anni. Non
permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita. Se
dicessi dove ho letto l’altro suo romanzo, La cospirazione, qualcuno
oggi mi toglierebbe il saluto.
Dubito che Nizan sia anche solo
transitato per Pinerolo. Il citato Ettore Bignone, cui si intitola una via pinerolese che una
volta portava in aperta campagna, vi era invece nato nel 1879, in piazza
Garibaldi (piazza della stazione). Studia al liceo Porporato, che conclude
brillantemente, il più giovane in una classe di 18 maschi. Ci vorranno ancora
alcuni anni prima che le donne vi possano accedere.
Si laurea a Torino in lettere poi in filosofia e molto presto si dedica all’auscultazione delle voci del passato. Ne scrive molto mentre insegna nei licei. Approderà all’università di Palermo poi a Firenze: letteratura greca, latina, filologia classica.
Si porta dentro una certa atmosfera
crepuscolare, forse la Torino di Gozzano, non scherza con la filologia dura e
pura e sa mettere al lavoro il pensiero. Ama lo stile della poesia che studia,
e questo gli verrà rimproverato, come se non fosse stato proprio il
romanticismo tedesco a dare il via alla linguistica e alla filologia stessa. E’
ormai un’indubbia autorità quando nel ’36 esce l’innovativo libro citato da
Nizan, che otterrà riconoscimento internazionale ed è stato riedito da Bompiani
nel 2007.
Ma Nizan si inganna, vede un Epicuro
“rivoluzionario” perché materialista, egualitario e edonista che però non coincide
con quello di Bignone il quale, fra l’altro, nel 1939 viene promosso Accademico
d’Italia dal regime. Non è uno sfegatato fascista, come molti suoi colleghi, è
molto cauto nell’esaltare la presunta romanità del fascismo stesso. D’altra
parte a Torino aveva seguito i corsi di storia romana di Gaetano De Sanctis,
uno dei pochi che rifiutarono il giuramento di fedeltà al regime stesso.
Muore gravato di dolori nell’agosto 1953 a Firenze. Alcuni dei suoi scritti giovanili erano stati stampati a Pinerolo da Chiantore, ma non risultano altri rapporti con il luogo di nascita.
Eugenio Garin, suo allievo, lo
ricorderà con ammirazione in uno scritto intitolato significativamente E. Bignone,
storico della filosofia e Mario Untersteiner, altro grecista pezzo da 90,
di una generazione successiva, Con lui ci sentivamo come suoi pari.
Ho letto tempo fa un libro di Bignone
trovato per pochi soldi su una bancarella [Poeti Apollinei. Sofocle, Euripide,
Orazio, 1937, Laterza]. Quasi passionale, ricchissimo, ma scritto in una
lingua che non ha cent’anni eppure è già archeologica. In verità, Sofocle
troppe volte vede la misteriosa forza del destino travolgere gli incolpevoli,
per dare soverchio valore a questa colpevolezza di vanti. Se impressiona
me, figuriamoci in chi ha vent’anni.
Mutatis mutandis, un problema verissimo la lingua che rapida
si trasforma come le pare, ad libitum. Latino d’obbligo.
Qui sotto, l’unica foto di Bignone disponibile in rete:
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