La statua riverniciata di Indro Montanelli è diventata un'icona dell'arte contemporanea. Non valeva niente, adesso fa gola ai collezionisti. Ne sarebbe orgoglioso. Nel grande torneo mediatico si è parlato poco di Elvira Banotti, l'unica che in televisione ebbe il coraggio di fare le domande giuste, e non eravamo negli Anni Trenta. Donna scomodissima, a destra e a sinistra. Geniale precorritrice di molti temi di "genere" e di battaglie sensatissime e non. Nata ad Asmara nel 1933 e morta nel 2014.
Nel derby sono stati giustamente illustrati i difetti di Montanelli, meno l'ultimo, quello di essere morto e quindi non poter eventualmente ribattere.
Perciò propongo, a chi se ne intende, a chi conosce il giornalismo italiano, a chi studia la storia di questi decenni, di applicarsi ai viventi.
Per esempio: Bruno Vespa, di cui comincio io a pubblicare il noto "primo scoop" [per i millenials: nota a piè di pagina].
Oppure Emilio Fede, gran mandarino dell'informazione televisiva e non solo. E altri, la scelta è ampia.
* nota: Pietro Valpreda [1932- 2002], anarchico, ballerino, fece tre anni di carcere preventivo con l'accusa di essere quello che aveva depositato le borse piene di esplosivo a Piazza Fontana il 12 dicembre del 1969, la Strage di piazza Fontana. Fu accusato da un taxista sulla base di questa foto: Indovinare chi è l'anarchico.
Fu poi assolto, come lo fu Giuseppe Pinelli, misteriosamente precipitato da una finestra della Questura di Milano
Nel 1991, ventidue anni dopo, Montanelli scriveva
"La polizia aveva messo le mani, nella sua caccia ai dinamitardi, su Pietro Valpreda, ballerino di fila in una compagnia di avanspettacolo, conoscente di Pinelli, e come lui anarchico, ma in stile assai diverso. Valpreda non si limitava a teorizzare: era un fautore dell’azione. La motivazione della sentenza di secondo grado (1981) che a Catanzaro lo assolse, come quella di primo grado, per insufficienza di prove, ne illustrava duramente la personalità. Un estremista che aveva fondato il circolo anarchico XXII Marzo, staccandosi dal circolo Bakunin che gli pareva ancorato a metodi di lotta moderati e superati: da rimpiazzare con metodi basati sulla violenza. Il suo motto era ’bombe sangue ed anarchia’. Il sospettare che questo sbandato avesse potuto essere il ’postino’ della bomba non era del tutto campato in aria."
Indro Montanelli, Mario Cervi, "L’Italia degli anni di piombo", in I. Montanelli, Storia d’Italia vol. XI, 1965-1993, Corriere della Sera 2004, pp. 85-86
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