UN BAR SENZA BARBARIE
Lo scorso 28
agosto sono stato in un bar di
Ventimiglia. Vicino alla stazione.
Si chiama Hobbit, di tolkeniana memoria.
Niente di speciale, un po’ dimesso.
Vi
approdano giovani esistenze africane, per un caffè, un panino, una chiacchiera,
una toilette, una richiesta di informazioni. Anche niente. Gli basta star lì a
girovagare con la mente, in attesa di passare in Francia. Cioè mai.
Delia, la proprietaria serve il caffè e
serve le parole.
L’Europa, la Francia, l’Italia con la bava alla bocca non
sanno che esiste Delia e il suo bar. Quelli che lo sanno l’hanno messa in quarantena. Qualcuno,
più coraggioso, le sputa addosso.
Per questo,
chi passa da quelle parti, vada a prendere un panino e una birra. Un panino non
slowfood, una birra non artigianale.
Chi non passa da quelle parti ci vada
apposta. Farà felice se stesso.
La Repubblica, 12 settembre 2018: Ventimiglia, minacce e insulti alla barista che serve i migranti: "Ma io non mollo"
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