articolo Il Manifesto, 5 settembre 2017
Il pane o la guerra
Il pane o la guerra
Storie. Agosto
1917, mentre «il Piave è il cimitero della gioventù» a Torino è rivolta, con le
operaie in prima fila al canto di «Prendi il fucile buttalo per terra».
Barricate ovunque, insorti armati: 41 morti, duecento feriti, centinaia di
arresti
PUBBLICATO4.9.2017, 23:58
«Vidi sbucare i cavalli lanciati al
galoppo, i soldati con la sciabola sguainata nella destra in una selvaggia
carica: non persi un attimo, con un gesto rapido mi aprii la camicia mostrando
il petto nudo. Non vedevo più nulla. Poi con la coda dell’occhio vidi una
specie di ombra che traversava la via venendomi vicino: era una ragazza molto
giovane, si era liberata della sua camicetta mettendo poi il suo seno a nudo
con lo stesso gesto che avevo fatto io, ma con più grazia, con più semplicità.
Un urlo formidabile scoppiò dalla folla della barricata, dalle finestre aperte
vennero incitamenti perché la cavalleria si fermasse. “Viva la pace, abbasso la
guerra”. I soldati sbalorditi da tanto ardimento si fermarono ad un metro dai
nostri petti nudi. Il silenzio era diventato ad un tratto sepolcrale, poi
l’ufficiale dette ordine al suo squadrone di fare dietro fronte».
NON È LA SCENA di un film in bianco e nero con Amedeo Nazzari, Alida Valli
e cavalli scalpitanti. È la cronaca scritta da un ventenne militante
socialista, tra i protagonisti dell’insurrezione dell’agosto
NOI SAPPIAMO nome, cognome e fattezze dell’allora sindaco di Torino,
dell’arcivescovo della città, del questore, del prefetto, del ministro degli
interni, di tutte le gerarchie e gerarchiette immaginabili. Conosciamo il nome
di Antonio Gramsci e di altri dirigenti del Partito Socialista. Non sappiamo
niente, né nome né volto delle donne che si arrampicano sui blindati, ci è del
tutto ignota la ragazza che indossa il suo corpo come uno scudo nudo contro
l’oscena carica dei soldati. Minerva e Marianna, in un gesto solo.
«IL MEDICO CAPO di questo Municipio
mi riferisce che i chaffeurs delle automobili per il trasporto dei feriti si
rifiutano di eseguire il servizio e di intervenire sulle piazze e sulle vie,
perché sono fatti segno egualmente agli spari dei soldati quantunque le
automobili portino ben visibile il segno della Croce Rossa. Rivolgo viva
preghiera all’Eccellenza Vostra affinché, nell’interesse generale, voglia
compiacersi di impartire opportuni ordini, per evitare l’indicato gravissimo
inconveniente» supplica con il cappello in mano il Sindaco di Torino,
Leopoldo Usseglio, rivolgendosi al comandante della piazza, generale Galeazzo
Sartirana. Generale di un Regio Esercito che spara sulla Croce Rossa.
È L’ALTRA guerra. Una guerra che non sta nel fango delle trincee, negli
assalti alla baionetta, sui picchi dolomitici, non c’è …Terzo Alpini sulla via il Monte Nero a conquistar. Sta in un’altra
musica: prendi il fucile e gettalo giù
per terra, vogliam la pace e non vogliam più la guerra cantano le donne a
squarciagola. Qualche volta viene cantata anche al fronte ed è subito plotone
d’esecuzione.
NON ERA SGORGATO all’improvviso questo canto. Era da più di un anno che la
città e la provincia erano in fermento. Scioperi massicci si susseguivano in
tutti i comparti industriali. Manodopera soprattutto femminile. Contro il
carovita, contro gli accaparramenti, contro la mancanza del pane. Il pane. Per
procacciarselo devono fare interminabili code all’alba, prima di entrare in
fabbrica. «Per il pane» diventa poco
alla volta anche «contro la guerra»,
per il ritorno a casa di figli, mariti e padri. La tradotta che parte da Torino, a Milano non si ferma più, ma la va
diretta al Piave, cimitero della gioventù.
E I QUARTIERI OPERAI in quella manciata di giorni a fine agosto del ’17
esplodono in una sommossa, moto, tumulto, rivolta, insurrezione. Chiamala come
ti pare. I pochissimi storici che l’hanno studiata si sono sbizzarriti in
catalogazioni a presa rapida. I viali con gli alberi abbattuti per costruire
barricate, le mitragliatrici e i mortai issati sopra, i collegamenti tra
insorti in bicicletta, di cui il generale Sartirana vieterà prontamente la
circolazione, i quarantuno morti accertati, i duecento feriti, le centinaia di
arresti e successive condanne, dicono qualcosa della natura politica eversiva
di quei giorni, del binomio non solo novecentesco di guerra e sfruttamento e
della sua centralità. Parla chiaro anche lo smarrimento e, troppo spesso, la
latitanza dei sindacalisti e dei dirigenti socialisti.
«ADDIO TABARIN» va ancora forte
nelle sale da ballo non solo torinesi, anche se non è chiaro per chi sia stata belle quell’epoque. È invece palpabile che il tuorlo delle esistenze è entrato
in fase frullamento.
CAPORETTO è alle porte, a Pietrogrado il Palazzo d’Inverno sta per cambiare
inquilini, un signore inglese di nome Balfour è sul punto di fare una
dichiarazione destinata a sconvolgere i connotati al Vicino Oriente e dintorni,
da pochi giorni gli alti comandi francesi hanno messo a tacere tramite
fucilazioni di massa i soldati che si rifiutavano spudoratamente di tornare
nella macelleria delle trincee e, grandezza della microstoria globale, in una
caserma del Texas, nei medesimi giorni di Torino, una rivolta antirazzista di
soldati afroamericani in partenza per il fronte europeo viene sedata solo con
la corte marziale
A
ottobre una memoria teatrale sui protagonisti della sommossa di Torino
Il
gruppo teatrale «bequadro» di
Torino, con un occhio «polimorfo», sta per riproporre per ottobre la cronaca
nuda e cruda degli eventi a salvaguardia della nostra sgangherata memoria. Per
una rappresentazione attenta che cerca di guardare anche in faccia alcuni dei
protagonisti e ne accompagna le diramazioni postinsurrezionali delle esistenze.
Come Pietro Ferrero, ad esempio,
operaio, giovane ed entusiasta animatore intellettuale, anarchico, segretario
della Fiom, promotore dei consigli operai e, alla salita al potere dei
fascisti, legato alla caviglia ad un camion e trucidato insieme ad una dozzina
di altri operai e militanti dagli squadristi di Piero Brandimarte in quella che
è stata la strage di Torino del dicembre 1922. Nel 1971 l’assassino Brandimarte
avrà il piacere di vedere la sua salma ufficialmente onorata da un plotone di
bersaglieri. E Maria Giudice, prima
segretaria di Camera del Lavoro in Italia, collaboratrice di Gramsci,
processata per i fatti di agosto, poi in Sicilia per contrastare la politica
della mafia. A Catania dà alla luce una figlia,
intelligente ed inquieta, che non avrà la gioia di vedere lo strepitoso
successo internazionale del suo romanzo, L’arte della gioia. Goliarda Sapienza
di nome.
A
proposito della foto utilizzata da Il
Manifesto
Estratto
della mia lettera ai redattori del 6 SETTEMBRE 2017
la
foto pubblicata non ha niente a che fare con l’insurrezione di Torino,
contrariamente a quello che recita la didascalia. Che anche La Stampa il 20 agosto scorso l’abbia
inserita come illustrazione di un articolo non strepitoso di Giovanni De Luna
non fa naturalmente testo.
Le
mie ragioni sono:
1. L’unico studio dedicato è quello di
Giancarlo Carcano, Cronaca di una
rivolta. I moti torinesi del ’17 [Torino, 1977] che non la riporta.
2. Wikipedia/Biennio Rosso che la riporta
la dice tratta da E. Biagi, Storia del
fascismo, e la data luglio 1919
3. La
Stampa dell’epoca non solo non riporta foto di nessun genere, ma gli
articoli dedicati alle giornate sono completamente censurati in bianco [e
costituiscono un momento dell’azione teatrale]
4. L’Archivio di Stato di Torino,
Tribunale Militare Territoriale, che ho
consultato a lungo, non contiene nessuna foto.
5. Tutti i siti web che la riportano la
inseriscono in: dopoguerra, biennio rosso, squadrismo.
6. Io penso che la foto non si riferisca a
Torino perché -se fosse veramente del 1917-
i protagonisti sarebbero stati immediatamente arrestati, vigente la
legge marziale, in secondo luogo i mutilati di guerra/reduci si sono organizzati
dopo la fine della guerra. L'Opera
nazionale per la protezione ed assistenza
degli invalidi della guerra fu
istituita, è vero, con legge del 25 marzo 1917, ma aveva
carattere ufficiale e diventerà operativa alcuni anni dopo e mai contro il governo.
So
bene che i punti indicati non sono la prova provata di alcunché, suggerirebbero
comunque una certa cautela nell’utilizzare l’immagine.
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