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3 agosto 2014
Questa è la storia che ho raccontato alla 

mia nipotina, che non ho, e che frequenta

la quinta elementare


Volevo raccontarti di quel paese che ha due nomi, Israele e Palestina, e che  in passato ne ha avuto uno solo e che tu conosci bene per via di Gesù, Betlemme, Nazareth ecc.
Perfino la Palestina adesso ha due nomi: Cisgiordania, più grande, e Gaza, piccolissima, famosa per le sue buonissime fragole. Anche per qualcos’altro che ora non posso dirti.

Nel periodo in cui sono nati i tuoi genitori, e precisamente nel 1967, il governo di Israele ha mandato i suoi soldati ad occupare la Palestina. C’era una guerra detta dei 6 giorni. Finita la guerra però i soldati sono rimasti lì e in Palestina è anche cominciata poco alla volta la costruzione di paesi, città, strade, fabbriche, scuole, esclusivamente per cittadini di Israele che vi andavano a vivere. Questa cosa  si chiama colonizzazione. La terra, l’acqua, l’aria, secondo te, a chi la prendevano? Per darti un’idea, ti ricordo che tutta la Palestina è più piccola della provincia di Torino.

Come hanno preso allora questa occupazione militare i palestinesi? Non bene, come puoi immaginare, ma si sono adattati, sperando che di lì a poco le cose sarebbero in un modo o nell'altro cambiate. Passano dieci anni e non succede niente, intanto i soldati sono sempre lì a comandare mentre le colonie di israeliani aumentano. Ne passano altri dieci di anni e tutto è tranquillo,  i soldati continuano a spadroneggiare e le colonie a estendersi. Poi, improvvisamente, alla fine del 1987, qualche palestinese si ribella, altri li seguono e inizia una sollevazione generale contro l’esercito occupante. Proteste, scioperi, manifestazioni, che verranno chiamate intifada cioè rivolta, in arabo. La popolazione palestinese, molti ragazzi come te, usa fionde e pietre contro l’esercito, però  alla fine, pochi anni dopo,  ci sono più di mille e cinquecento morti tra i palestinesi e più di cento fra gli israeliani. Dopo si faranno molti incontri internazionali per la “pace”, a Madrid, a Oslo, negli Stati Uniti, ma nella sostanza tutto resterà come prima: controllo, dominazione - come lo vogliamo chiamare? - dell’esercito e sempre più colonie.

Nel 2000, a più di dieci anni dalla prima intifada, e a più di trenta dal 1967,  scoppia un’altra ribellione generale dei palestinesi, questa volta anche con qualcosa di più delle pietre. Di nuovo morti, distruzioni, sofferenze, ma l’occupazione continua, le colonie sono sempre di più. Viene anche costruito un muro di cemento che separa Cisgiordania da Israele. Gaza, quel fazzoletto di terra pieno di gente, è praticamente chiusa da ogni parte, perfino dal mare, come fosse un carcere a cielo aperto. No, le fragole in questo momento non le coltivano. I palestinesi sono disperati e avviliti, qualcuno è andato fuori di testa e fa pazzie. Anche gli israeliani non sono completamente a posto.

Adesso noi siamo in vacanza, tu hai dieci anni e laggiù le bambine come te stanno sempre peggio. Sono passati quasi cinquant’anni da quel 1967, le colonie aumentano e l’occupazione militare, credimi, è diventata feroce.




















3 agosto 2014
Ho raccontato questa nuova storia alla nipotina,   che non ho, che insiste a far domande sul  mondo

Capisco bene il tuo desiderio di sapere, le tue domande pretendono risposte e tenterò, per quanto posso,  di dartene almeno qualcuna. Guarda con me questa  foto:























Guardala bene. E’ una bambina come te, vestita di un bel giallo senza fronzoli e i capelli tenuti fermi da un nastro bianco. Sta correndo decisa, attenta a dove mettere i piedi, il braccio sinistro proteso quasi ad afferrare l’aria. Con l’altro braccio sorregge il fratellino, anche lui in tinta unita, che si aggrappa come può alla sorella. Mentre lei fende l’aria con il capo, lui invece si tira indietro, impaurito da quello che vede. Sta correndo tra le macerie di una casa distrutta dal bombardamento. Le altre persone che si intravvedono sullo sfondo sono ferme. Forse si stanno chiedendo: correre sì, ma dove? Lei invece sembra saperlo.
        
Hai capito, siamo a Gaza dove è in corso non una guerra, ma una strage. La devi purtroppo imparare questa parola. Gaza è una striscia di terra, da una parte ha il Mediterraneo, dall’altra lo Stato di Israele e, per una piccola parte, l’Egitto. Farebbe parte della Palestina se esistesse come nazione. So che ti piace la geografia, allora ti dico che la provincia di Biella, ci siamo stati, ricordi? il ricetto di Candelo, bene, questa provincia, che è la più piccola del Piemonte, è grande tre volte la striscia di Gaza, solo che  qui abitano quasi 2 milioni di persone, nella provincia 180.000. Così ti fai un’idea di una cosa un po’ difficile da spiegare, che è la densità di popolazione di un luogo.
       
Gaza è stata per quarant’anni occupata dall’esercito israeliano oltre che da coloni israeliani. Nel 2005 Israele ritira i soldati e fa evacuare i coloni. I due più importanti partiti palestinesi hanno forti contrasti tra di loro che nel 2007 si trasformano in un conflitto con tanto di morti ciascuno. La bambina della foto nasceva giusto in quegli anni tribolati. 
          
Israele controlla tutto di Gaza, acqua, energia, entrate e uscite di persone e merci. Anche il mare, il mare!, ha un confine, che i pescatori non possono oltrepassare. La bambina, come si chiamerà?, vive in un vero e proprio carcere a cielo aperto. Non c’è da stupirsi che alcuni detenuti di questa prigione sparino per vendetta razzi contro gli abitanti di Israele.  Come tutte le vendette però  non porta lontano. Infatti alla fine del 2008-inizio 2009 Israele manda di nuovo l’esercito. Bombardamenti, distruzione. Più di mille morti palestinesi, molti bambini. La nostra amica ha visto, forse ha soprattutto sentito le bombe, gli spari, i crolli, le urla. Poi un giorno di luglio di quest’anno le tocca di nuovo l’incubo di sentire e vedere giorno e notte bombe, morti, distruzioni, crolli di case. Forse della sua casa. Per questo fugge non si sa dove con il fratellino in braccio. Anche tu speri che siano ancora tutti e due vivi?

Il vento gira più in fretta.
Il mondo, benché sia il mondo,
sta tutto nella mano
d’una bimba.
Rafael Alberti

11 agosto 2014


All'insaziabile desiderio di conoscenza della
 nipotina, che non ho, provo a rispondere in questo modo

E’ bella la tua curiosità. Vuoi sapere, vuoi capire. Ci sono “grandi” invece che girano la  testa dall’altra parte per starsene tranquilli. Guarda queste  foto:
La prima è la città di Napoli dopo un bombardamento durante la seconda guerra mondiale, settant’anni  fa.




















































L’altr
a penso che tu la riconosca. 
E’ Gaza, bombardata dagli israeliani. La ragazza in primo piano non riesce a nascondere il suo dolore e credo che tu lo possa capire. Ma io non volevo commuoverti, già lo sei perfin troppo. Volevo proporti un paragone. Tu sai, a scuola te ne hanno certamente parlato, che a Napoli e dintorni opera una mafia che si chiama camorra. Fa più morti dei razzi che vengono lanciati da Gaza contro Israele. Immagina che il governo italiano decidesse di sconfiggere una volta per tutte la camorra bombardando la città in cui opera. Il risultato sarebbe quello che vedi nella prima foto. Ti pare che avrebbe senso? Morirebbero sotto le bombe persone che non hanno niente a che fare con la camorra, cioè la maggioranza. Sarebbe una decisione che nessuno al mondo accetterebbe. Invece la maggior parte del mondo trova del tutto naturale il bombardamento che Israele fa su Gaza. Si chiama punizione collettiva e non c’è neanche bisogno che te ne spieghi il significato.  

Adesso c’è una tregua. Questa parola deriva da un antico verbo tedesco che significa fidarsi. Vuol dire che si sospendono i combattimenti per un po’, fidandosi l’uno dell’altro. Per sempre, dici? Sarebbe meglio. Sarebbe ancora meglio che venissero anche riconosciuti i diritti fondamentali dei palestinesi, sia a Gaza sia in Cisgiordania.












No, il sonno profondo e senza paura  di questa mamma con i suoi bambini non rappresenta persone palestinesi. Sono cittadini dell’Iraq, una nazione in quella zona del mondo che noi chiamiamo Medio Oriente.
Da Gerusalemme, in Palestina,  ad Erbil, in Iraq dove è stata scattata questa foto, ci sono suppergiù gli stessi chilometri che separano Torino da Reggio Calabria. Mi chiedi perché scappano e hai visto scene brutte in televisione?  Almeno in vacanza la tv la potresti lasciare spenta. Però, se vuoi, la prossima volta proverò a raccontarti quello che so e soddisfare forse la tua curiosità.
Leggeri ormai sono i sogni,
da tutti amato
con essi io sto nel mio paese,
mi sento goloso di zucchero       Andrea Zanzotto



25 agosto 2014

Ultimo racconto alla nipotina che non ho?




Un bel gioco tra le rovine di Gaza. Bello perché funziona solo se si è in due, uno spinge l’altro. E’ un gioco che dovrebbe essere obbligatorio per noi adulti. Tutti i giorni un po’ di altalena fra conoscenti e sconosciuti. Anche tra palestinesi e israeliani.

C’è una tregua adesso a Gaza. Viene dopo più di 2200 morti tra i palestinesi, tra cui 500 bambini e bambine, e 64 morti tra i soldati israeliani e 5 civili, tra cui un bambino. 11.000 feriti tra i palestinesi. 200.000 senza casa. Dove andranno? Da chi saranno curati i feriti? I servizi che fornivano acqua, elettricità ecc. sono stati distrutti. Il tutto in 51 giorni di bombardamenti.
Sono più sicuri adesso gli israeliani? L’uso della loro tremenda forza porta un futuro migliore allo Stato d’Israele? Io sono certo che tu sai rispondere a queste domande e così i tuoi compagni e compagne di giochi e di scuola.

C’è una malattia che noi grandi non riusciamo a sconfiggere: si chiama amnesia. Vuol dire non riuscire a ricordare. Se tu continuerai ad essere attenta, come sei, vedrai che di Gaza e dei suoi cittadini ci dimenticheremo presto. Forse ce ne siamo già scordati, proprio adesso che ci sarebbero da alleviare i dolori dei genitori rimasti senza figli e dei figli rimasti senza genitori, fratelli senza sorelle. Fino alla prossima invasione, al prossimo bombardamento.
            Tu hai in serbo altre domande, lo so. A scuola hai studiato il Tigri e l’Eufrate, gli Assiri e i Babilonesi e hai capito che anche da quelle parti c’è qualcosa che non va. Non so se riuscirò a raccontarti, come ti avevo promesso. Magari ci proverò.

La falena
E la falena disse: cerco
anch’io, come tutti,
una luce nella notte.     Franco Marcovaldi

6 settembre 2014

UN'ALTRA STORIA PER LA NIPOTINA,
CHE NON HO


Giro giro tondo – Casca tutto il mondo… Siamo veramente Tutti giù per terra. Hai sentito e visto cose orribili che accadono in quella terra che tu conosci come l’Antica Mesopotamia.
Forse potrebbe raccontarci meglio Iman, che  è questa bambina fuggita dalla Siria, adesso in un campo profughi in Libano, che da grande vuole fare la maestra. 




Io non posso spiegarti molto perché tante cose non le capisco neanch’io. Però voglio suggerirti qualche pensiero sperando che un po’ riduca il tuo smarrimento.
                  
Il primo è che dovremmo smetterla di usare ogni momento la parola terroristi, che nessuno sa spiegare bene. Ogni guerra è terrorista, ogni guerra è atroce e disumana. Non ce ne sono di benevole e umane. Noi ci commuoviamo molto quando  sappiamo dell’uccisione di una persona, soprattutto se questo crimine viene eseguito con strumenti semplici che tutti conosciamo, un coltello, un bastone, le mani. E’ come ci rivolgessimo a quella persona con un tu. Siamo più distratti quando si tratti di uccisioni tecnologiche, cioè fatte con strumenti tecnici come aerei che bombardano, cannoni o fucili mitragliatori che sparano. Sentiamo queste morti come più indirette, lontane, come se bastasse la distanza tra l’uccisore e gli uccisi a renderle  più accettabili. Ma non è così. A Gaza ci sono bambini e adulti che ancora adesso muoiono dilaniati da bombe piovute dal cielo e nessuno sa chi gliel’ha mandata quella bomba. Non lo sa neppure chi l'ha sganciata. Tutti in guerra siamo terroristi perché, con un coltello o con un drone, vogliamo seminare il terrore.



                        



C’è un’altra parola che viene sfruttata da quelle parti mesopotamiche, ed è martire. Qualcuno dice che morire in guerra, uccidendo o facendosi uccidere, fa sì che quella persona si trasformi in una specie di santo che tutti devono onorare. Non sto a dirti altro su questa terribile fantasia. Per capirla meglio però ti suggerisco di sostituirla d’ora in avanti con una parola a noi più familiare, che è eroe, e vedrai come tutto ti risulterà più chiaro.
                     
Cosa c’entra l’Islam, dici? 

Le religioni c’entrano sempre perché, nel bene e nel male, stimolano ed istigano le menti e i cuori. In questo caso ci sono degli islamici che si chiamano sunniti che non sopportano altri islamici che si chiamano sciiti, oltre a non tollerare quelli che proprio islamici non sono. E viceversa. E’ purtroppo una storia vecchia. 

In Europa erano i cattolici e i protestanti a non sopportarsi e così si sono fatti guerre sanguinose. Spesso cattolici contro altri cattolici, protestanti contro altri  protestanti. Naturalmente non è che tutti i cattolici e tutti  i protestanti volessero ammazzarsi, ma i giochi politici, gli interessi, i rapporti di forza, i fanatismi, hanno prevalso allora come oggi e non vanno sottovalutati neppure adesso. 

A quel tempo ad armare le menti era anche un salmo biblico famoso, il n. 136, che comincia “Sui fiumi di Babilonia sedevamo piangendo… e finisce “Beato chi afferrerà i tuoi piccoli  e li sbatterà contro la pietra

Oggi circolano altre preghiere ugualmente minacciose e molte teste, principalmente maschili?, sono ben disposte a farsi riempire di questo rancore e ad agire di conseguenza.

Adesso ti propongo un compito che potrai anche svolgere con la tua classe:
-          scopri chi erano i signori Sykes e Picot e come cent’anni fa si sono divertiti con le matite colorate a tirare linee sulla cartina di Mesopotamia e dintorni e a dire questo è mio, questo  invece è tuo. Si spartivano quella parte del mondo per conto delle potenze europee di allora, Francia e Inghilterra.
-           vai su You Tube, che conosci bene, e cerca il discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite del generale Colin Powell, ministro degli esteri [Segretario di Stato] degli Stati Uniti, del 5 febbraio 2003: dice che Saddam Hussein, l’allora signore dell’Iraq, possiede grandi depositi di “armi di distruzione di massa” e un veleno potentissimo, l’antrace. In base a queste dichiarazioni un mese dopo l’Iraq viene invaso dall’esercito degli Stati Uniti e alleati [tra cui, poco dopo, anche l’Italia]. Decine di migliaia di morti, distruzioni a non finire, una popolazione devastata nell’animo e nelle speranze, Saddam impiccato.

Le accuse declamate da Powell erano tutte completamente false.

Questo bambino curdo un po’ perplesso ti potrebbe spiegare perché anche Saddam Hussein non era né un santo né un benefattore del suo popolo. Anzi.



                                                                    Forse
il silenzio, che si posa dolcemente su ogni cosa,
è solo un presagio d'altri tempi
che non smettono di scavare in noi come tarli

Benjamin Fondane Fundoianu

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