Non c'è che l'imbarazzo della scelta nel riscontrare le irreversibili devastazioni del territorio praticate nel nostro paese.
Qui, alla documentazione che ho portato nello spettacolo teatrale Due cuori e un capannone - Sulla mostrificazione del territorio e di noi stessi, vorrei aggiungere uno dei tantissimi esempi che incarnano alla perfezione la "logica" della mostrificazione:
1. un'area di terreno agricolo viene invasa in epoche diverse da capannoni di grandi dimensioni, senza che le amministrazioni comunali abbiano qualcosa da dire, anzi, incentivando a più non posso;
2. il ciclo "produttivo" del capannone si esaurisce. Resta, implacabile e indistrittibile, la cementificazione e l'irrecuperabilità del terreno;
3. a confermare che la devastazione non è opera di alcuni malintenzionati, ma un "sapere" diffuso e accettato, in tanti luoghi alla capannonite acuta corrisponde, a pochi metri di distanza, il totale abbandono e degrado di costruzioni frutto di una secolare sapienza architettonica ridotta a rottame.
L'esempio che riporto, una specie di matrice "rurbana" riscontrabile dovunque, si trova in San Sebastiano Po, frazione Colombaro, provincia di Torino.
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