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POETI SUL LAGO
Un incontro internazionale di poesia a Como  [v. http://www.lacasadellapoesiadicomo.it/],
19 marzo 2011.
Una manieristica villa sul lago e, improvvisamente, un tramonto di colori dopo la giornata grigioscura.
Ci sono andato perché mi attira la poesia, inutile e necessaria rivoluzione. Ma soprattutto volevo incontrare dal vivo una poeta che amo e non smetto di leggere, in traduzione e un poco, ma poco, in originale: Ana Blandiana, cui ho dedicato tempo fa una performance teatrale [v. post del 24 ottobre 2009]. 
So che la poesia non coincide con il poeta. Ma ci sono emozioni che non corrispondono alla filologia e all'ermeneutica. Si impongono.
                                    

All'alba,
quando l'aria della notte
si ritira silenziosa
nell'emisfero della nostalgia,
il calice minuscolo del fiore
trasale diffondendo
un suono fondo,
vibrante come un gemito di cattedrale,
simile all'echeggiare della più assordante 
campana;
peccato
che il nostro orecchio non è fatto per udirlo
e nessuno mai ci dice
per chi rintoccano
le campane dei fiori. 
Daniel Balanescu
[da Un tempo gli alberi avevano occhi, a cura di B. Frabotta e B. Mazzoni, Donzelli, 2004].

E' disponibile in italiano una raccolta di suoi racconti "onirici", molto belli, traduzione di  Marco Cugno: Progetti per il passato e altri racconti, edizioni Anfora, Milano, 2008
[http://web.tiscali.it/edizionianfora/] .
Suggerisco di Barbara Fraticelli La figura dell’angelo nell’opera di Ana Blandiana, in Religioni e società, maggio-agosto 2010, che affronta un tema particolare non solo della Blandiana, ma di molta poesia romena.
                                                         A Como sono sfilati diversi poeti. Forse troppi. Il ritmo della poesia ha bisogno di zone di silenzio. Si è rischiato invece l'ingorgo. 
Eppure, ho incontrato un poeta dalla Polonia, Ryszard Krynicki, che in alcuni suoi versi ha richiamato un  altro poeta polacco, Zbigniew Herbert,  che, a sua volta, in una  poesia ricorda il poeta boemo Miroslav Holub, che, un giorno, "dando da mangiare ai piccioni è precipitato", come l'altro boemo, Bohumil Hrabal. 
Holub in ceco vuol dire piccione, colombo.


Qui termina la catena dei richiami, che io ipso facto riapro. Nel 1991 ho incontrato a Praga Miroslav Holub, nell'Istituto di Immunologia che dirigeva. Era infatti un patologo ed  immunologo di fama, oltre che scrittore di prestigio internazionale, dalla doppia vocazione, come Primo Levi. Era in ballo un'ipotesi di traduzione dei suoi racconti. Mai andata in porto per i ritardi dell'editore. Così in Italia continua ad essere uno sconosciuto [ eccetto: Poesie, a cura di Dante Marianacci ; con un saggio di Seamus Heaney, Pescara,  Ediars,  1997, 
 www.premiflaiano.it/images/file_pdf/catalogo%20libri%20ediars.pdf].


Da Literární noviny, 23 aprile 1992:
"Due anni fa sono stato a Rotterdam con Karel Šiktanc e mi sono reso conto che sebbene non ci fossimo visti per dieci, quindici anni, potevamo ricominciare il discorso là dove l'avevamo interrotto allora. Ci sono poche persone almondo con le quali possiamo intenderci così. La stessa sensazione l'ho avuta in presenza di Zbygniew Herbert che ho visto solo due volte in vita mia. Ed è questo il significato della poesia: è un discorso continuo, un brusio continuo nel mondo, importantissimo forse non per una esistenza sensata, sarebbe una affermazione troppo grave, ma per l'esistenza attuale. Senza di esso ci si trova avvolti nel silenzio, nelle tenebre. E di tenebre ne abbiamo a sufficienza dentro di noi"   Miroslav Holub [1923-1998]

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