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MOMPOU  & Co.
la musica del silenzio


Cominciamo dal fondo:
Me miró con dominio.                                           Mi guardò con dominio.
Un cuervo tensaba el ala negra                          Un corvo tendeva l'ala nera
En los pardos paisajes de sus ojos.                     Nei bruni paesaggi dei suoi occhi.
Me miró con dominio y con amor.                      Mi guardò con dominio e con amore.


Cominciamo dalla poesia di Clara Janésuna poeta che amo da molto tempo. Per la spoliazione che inducono i suoi versi e per l'amore che ha portato ad altri poeti amatiVladimír HolanJaroslav Seifert, Jiří Orten:  
Hermoso tronco, /talado en el albor, / entre astil y viento/ tu voz prosigue/ en el silbido del zorzal...
Splendido tronco, / tagliato all'alba, / tra ascia e vento,/ la tua voce prosegue/ nel fischio del tordo...    
Na pomoc, slova! Přiběhněte ke mně!   Soccorso, parole! Accorrete da me! 
Voci di Praga.

Se non bastasse, ulteriore amore le deriva dal bel libro che ha scritto su Federico Mompou, che conosceva bene perché figlia di José Janés, giornalista e poeta, che collaborò molto con il musicista.


Un libro che è stato addirittura tradotto in italiano, nel 1996, da una coraggiosa casa editrice di Lecce: Madona Oriente by Media 2000Federico Mompou Un musicista riservato, traduzione di Daniele Sarno.
Ho cominciato a presentare  in concerto le musiche di Mompou fin dalla fine degli anni Ottanta, avendo come voci soliste prima Renata Colombatto, poi Kerstin Harms.

In italiano la fonte più accessibile per la poesia di Clara Janés è Arcangelo d'ombra, antologia con testo a fronte, a cura di Annelisa AddoloratoCrocetti Editore, Milano, 2005.

 Il mio interesse per Mompou l'ho anche consolidato in un articolo per Il Manifesto del 5 gennaio 2001, che riproduco di seguito:
  
Disegno di M: Frost
Alto, un viso da uccello notturno, ha vissuto 94 anni, distillando musica tra Barcellona e Parigi. Federico Mompou [1893-1987), catalano, discendente da una famiglia di forgiatori di campane da cinque secoli. Suoni d'aria e onde sonore che nutrono generazioni. "Quasi tutta la mia vita è puramente interna…dentro di me accadono cose fantastiche che non vengono mai fuori. Tranne la musica tutto vive dentro di me, intensamente". Tranne la musica, appunto, nella forma di pezzi in genere molto brevi e note diradate, principalmente per pianoforte. Un modo quasi unico di cercare il massimo di espressione con il minimo di mezzi. "È una buona cosa non fare ciò che si potrebbe fare. Mompou strangola non solo l'eloquenza, ma anche la dissertazione e il sermone" dice Vladimir Jankélévitch, il filosofo francese del non-so-che e del quasiniente, che a Mompou ha dedicato molta attenzione. Come ne ha dedicata alla musica, che "non significa niente, dunque significa tutto", in perenne oscillazione tra senso e non senso. Non-linguaggio, per ciò stesso impossibilitata ad esprimere alcunché se non sé medesima, in continua disillusione e discontinuità. "Nulla è semplice, diciamo, quando si tratta di un musicista, nemmeno la semplicità. Per dare una immagine più o meno fedele di Mompou bisogna contraddirsi! E moltiplicare i ritocchi all'infinito".
A: Benedetti Michelangeli suonaCancion n. 6, 1957

                             Pezzi in genere molto brevi e note diradate, se così si puo’ dire. Un modo quasi unico di cercare il massimo di espressione con il minimo di mezzi. Volendo proprio trovare delle parentele, si potrebbe pensare ad Erik Satie, a cui lo accomuna un certo modo spiritoso di dare indicazioni agli esecutori: “Cantare con la freschezza dell’erba umida”, “Esaltatevi”, “Senza speranza”, "Scusatevi”. Una penuria di mezzi che contrasta oggi con la generale opulenza dei segni.
                                                                                                                                             
In Cants Mágics, una delle prime musiche, 1917/19, la concisione della melodia gioca su una specie di immobilità armonica che non si riesce mai a capire se sia totalmente dissonante o totalmente consonante. Basta un quasiniente per sentirla di qua o di là. Come in quell'altro sciamano del pianoforte, Thelonious Monk, che a New York gioca con la stessa ambiguità armonica e risoluta semplicità. "Un'espressione massima con un minimo dispendio di energie", ripeteva Mompou. E questa, che oggi potrebbe essere fraintesa per una giaculatoria ecologica, era invece la pasta con cui si dovevano mestare i più radicali dei musicisti del Novecento. Depurare la musica fino a prosciugarla nel silenzio, come Anton Webern, come John Cage che, 1952, lo sbatte, per 4 minuti e 33 secondi nelle orecchie di un pubblico sempre più isterico. Mompou lavora su un silenzio diverso, meno violento e destinato all'afasia. Un silenzio che si trasforma in musica. 
Marija Ivanović: Frederic Mompou Cants Màgics


Musica Callada, quattro quaderni di brevi brani per pianoforte, composti tra 1951 e il '67, trae titolo e ispirazione da un verso del Cántico espiritual di san Giovanni della Croce, in cui la soledad sonora, la solitudine sonora, si fa musica callada, musica silente, tacita, musica segreta, musica interiore o come si voglia tradurre questa espressione intraducibile. Nelle sue note                                                                                                                                                                                     
non c'è nessuna tiritera su come va il mondo o dovrebbe andare, nessun soggetto incantato che vuole comunicare le sue buone vibrazioni, nessuna celebrazione di dogmi o liturgie della spettacolarità come in altri musicisti credenti.
C'è solo l'espressione sonora dell'imponderabile. Una musica che quasi non esiste. "Questa musica non ha né aria né luce. È un debole palpitare del cuore…Questa musica è silenziosa perché il suo ascolto è interiorizzato. Contenimento e riservatezza. La sua emozione è segreta ed acquista corpo sonoro solo nella risonanza che si crea sotto la grande volta fredda dell'umana solitudine" commenta lo stesso Mompou. A noi che siamo abituati a pensare alla musica che viene dalla Spagna come chitarre e nacchere, Andalusia, flamenco e fandango, ci frastorna una musica minima, ma non minimale, degustabile e piena di voluttà sonora. L'unica somiglianza con i minimalisti, da cui lo separa quasi tutto, è il riconoscimento che i suoni hanno un'esistenza propria, indipendente dall'esistenza umana. Come diceva La Monte Young: "Dobbiamo lasciare che i suoni siano ciò che sono". Per Mompou il pianoforte possiede la virtù di poter produrre una musica sottesa quando le corde risuonano mentre vengono suonate altre note. Un'armonia che deriva dalle risonanze, non dagli accordi. La prescrizione pianissimo ma sonoro suggerisce che ci siano anche altri orecchi oltre ai due in dotazione, capaci di sentire, nonostante la grande cagnara universale, una musica non ammutolita, che tace per dire. Senza ricorre all'estasi o ad una improbabile transe. "La raffinata seduzione di questa musica non si realizza mai attraverso l'ipnosi o la narcosi. Le magie di Mompou non sono malefici, e un'anima incantata non è un'anima stregata" Jankélévitch.    

Non è una musica debole e per ciò indifferente: "Questa musica nasce dalla rinuncia. Rinuncia, innanzitutto, alla continuità della linea ascendente del progresso e della perfezione nell'arte: in questa scalata di picchi impervi, è necessario, talvolta, fermarsi a riposare, cambiare direzione, riprendere slancio per poter andare avanti". Questa consapevolezza non viene a Mompou perché "tagliato fuori" dalle convulsioni dell'arte del Novecento. Conosce e frequenta Ravel, Milhaud, Bartok, Prokofiev, Honneger, Poulenc, Villa Lobos, Paul Valery, André Gide, oltre agli spagnoli De Falla, Granados e Picasso.


"Non sono un compositore. La mia musica è la meno composta del mondo". Tutto è espresso al punto iniziale. Pochissimo viene concesso allo sviluppo, alla elaborazione. Una reticenza inconciliabile con i grandi apparati tecnici, distante dal bracconaggio mentale che tutto preda. Che se ne infischia di ogni vaniloquio sul mondo e le sue colpe o su se stessi e le proprie virtu’, che sa desistere dalle meraviglie della conoscenza e dell’intelligenza. Che va diritta all'essenziale dell'intuizione sonora e la esprime.

Se il prototipo dell'opera d'arte, come sosteneva uno che la sapeva lunga, è il fuoco d'artificio, allora la luminosa meraviglia che accompagna l'ascolto della musica di Mompou riporta alla miracolosa emozione infantile. È sempre rivelazione che, subito, precipita nel buio. 
                                                                          Victoria de Los Angeles e Mompou
Victoria de Los Angeles accompagnata dallo stesso Mompou interpreta con tutta la meraviglia possibile:


Damunt de tu, només les flores,
eren com una ofrena blamca;
la llum que daven al teu cos
mal més serìa de la branca de la fronda

Su di te, solo fiori,
erano come un’offerta bianca:
la luce che davano al tuo corpo
non sarebbe mai stata quella del ramo:
...                                         Testo di José Janés






Vladimir Jankélévitch ha scritto di Mompou in La Présence Lointaine - Albeniz, Séverac, Mompou, éd. du Seuil, Paris, 1983 e, tradotto in italiano, La musica e l'ineffabile, a cura di Enrica Lisciani-Petrini, Bompiani, 2005

Vedi anche: Salvatore Colazzo, Federico Mompou: il suono come risonanza armonica, in Rivista Internazionale di Musica sacra, n. 1-2, 1997
e l'analitico Antonio Iglesias, Federico Mompou - Su obra para piano, Editorial Alpuerto, Madrid, 1976
per una recente e profonda interpretazione di Musica Callada, v. Cosimo Colazzo  


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