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NAZISMO E NERI



non si tratta solo di un libro - in questo caso: Serge Bilé, Noirs dans les Camps Nazis,  Monaco, Le Serpent à plumes, 2005 , tradotto in italiano l'anno successivo dalla EMI, ma di domande.

C'è una preistoria dello sterminio nazista e c'erano confini alla sua applicazione?

Il libro di Bilé ha il coraggio di proporle e di riferirle agli africani, agli afro-tedeschi, ai "neri" in genere, anche se in un modo non sempre congruo. Le connessioni invece dello sterminio nazista con i dispositivi di distruzione anticipati dal colonialismo sono messe bene in evidenza.

















"Ecco il risultato! Svanisce l'orgoglio razziale"
Fonte: United States Holocaust Memorial


Su Il Manifesto del 29 ottobre 2005 ho scritto una recensione del libro di Bilé, nella versione francese originale.


Perduto in quelle brume d'Europa




                                                  Anton De Kom, 1892-1945
















Anton de Kom è nato nel 1892 nel Suriname, allora una delle colonie olandesi del Sud America. Nel '20 si trasferisce nei Paesi Bassi dove svolge attività anticoloniale e si iscrive al partito comunista. Nel '33 torna a Paramaribo, la capitale del Suriname, e si impegna in un'opera gravosissima: unire tutte le componenti del paese, quelle che il colonialismo ha forzatamente o "mercantilmente" trasferito, gli africani, i giavanesi, i cinesi, e quelle autoctone, i gruppi amerindi. Non ci mettono molto le autorità della colonia a capire la pericolosità di de Kom e lo espellono in Olanda, con un procedimento inverso a quelli che avvengono oggi. Nel 1934 pubblica Noi schiavi del Suriname e scrive poesie.
Al momento dell'occupazione tedesca si unisce alla resistenza locale, il 7 agosto del '44 viene arrestato per strada e mandato a Vugh, uno dei tre campi di concentramento costruiti dai nazisti in Olanda. Il mese successivo è deportato con un "carico" di ebrei a Sachsenhausen e poi a Neuengamme dove muore di tubercolosi il 25 aprile del 1945. Una liberazione diversa da quella che avrebbe sperato. Ci sono voluti più di quarant'anni perché i Paesi Bassi gli intitolassero ad Amsterdam una piazza e un busto nella periferia che più periferia non si può. 
Quante altre esistenze di "neri" si sono trovate a dover fare i conti con una storia europea costruita sulla violenza e l'orrore? Quanti altri Anto de Kom sono sfuggiti al nostro sguardo? Come un Mohamed Husen, proveniente dall'Africa coloniale tedesca e combattente nella Grande Guerra con l'esercito guglielmino, che aveva recitato in diversi film di stampo coloniale e che finirà i suoi giorni nel 1943 nel campo di Sachsenhausen [la targa in ricordo sulla sua casa a Berlino, http://www.youtube.com/watch?v=6MnXHO4ozOQ]. Come un Hilarius Gilges o Lari Gilges, sindacalista e membro del gruppo teatrale militante "Nordwest ran", ucciso a ventiquattro anni dalle SS nel 1933 a Düsseldorf.     
Vite inghiottite dal nulla della memoria. Quanti sono stati i neri morti e sopravvissuti nei lager? Non si sa, perché nessuno ha seriamente studiato il problema, perché venivano classificati non come "negri", ma in base alla nazionalità, perché i loro nomi non corrispondevano alle regole anagrafiche tedesche, perché… perché…



Il franco ivoriano Serge Bilé ha prima prodotto un documentario poi un piccolo libro, Noirs dans les camps nazis [Éditions du Rocher, Monaco, 2005], in cui alcune di queste vite riprendono una loro consistenza almeno narrativa. In Francia il video ha circolato molto e del libro si sono vendute decine di migliaia di copie, suscitando dibattito e polemica. Un libro sconclusionato che viaggia al minimo quanto a standard di ricerca storica, ma pulsante, se così si potesse dire. Il titolo risente della mano di un abile pubblicitario, perché su 150 paginette, solo un terzo sono dedicate al tema indicato in copertina. Anche i neri hanno patito il nazismo? sembra la domanda diffusa e sconcertata che ha garantito il successo del libro. Non sempre così innocente. Si direbbe una messa in opera della concorrenza delle vittime con lo scopo di offuscare un po' il "primato" degli ebrei e il loro spaventoso e insopportabile sterminio. Quello che Bilé non fa è chiarire che non è stata la pelle la causa dell'internamento dei neri, bensì la loro opposizione, il loro essere resistenti o comunisti o tutte e due le cose. Sono stati trattati come esseri sub umani, come "scimpanzé" dice un sopravvissuto, hanno patito una persecuzione feroce, sono stati pensati come futuri schiavi di una superiore razza ariana. Per i nazisti le due o tre migliaia di afro-tedeschi avevano una limitata importanza, non esistevano né come comunità sociale e culturale né come gruppo politico ed economico. Come suggerisce una studiosa del problema, Clarence Lausane, gli afro-tedeschi sono stati una un'immagined community, un gruppo, cioè, che non aveva forgiato nessuno dei tratti che di solito servono a fabbricare un'idea di "comunità" o di nazione.

Quello che invece Bilé sensatamente fa è di partire da lontano, un po' barcollando su terreni storiografici che non gli sono famigliari. E il punto di partenza è il colonialismo tedesco in Africa Sud Occidentale tra fine Ottocento inizio Novecento. Esso si costituisce come fucina di una pratica che vedrà i suoi fasti con il nazismo. Il vocabolario e il sistema di pensiero che gli corrisponde saranno il precedente, il clima mentale in cui si svilupperanno i piani di conquista, di colonizzazione, schiavismo, assassinio degli slavi e di sterminio degli ebrei. La rivolta delle popolazioni Herero in Namibia nel 1904 sarà schiacciata con la pratica della Vernichtungkrieg, della guerra d'annientamento, dei Konzentrationlager, dei campi di concentramento. Si parlerà di Endlösung, soluzione finale, di leggi che bandiscano la Rassenmischung, la mescolanza razziale, che genera la Rassenschande, il disonore razziale. Per garantire, naturalmente, il Lebensraum, lo spazio vitale, alla superiore razza europea. La fabbricazione di una pratica e di una terminologia non devono far pensare ad una primizia esclusiva del colonialismo tedesco. Gli spagnoli a Cuba, qualche anno prima, gli statunitensi nelle Filippine, gli Inglesi in Sud Africa avevano già sperimentato la eccezionale potenza simbolica e distruttiva dei recinti di filo spinato in cui accatastare mandrie umane, chiamati campi di concentramento.



































Teschi di persone Herero spediti in Germania per studio

 Il padre del futuro ministro nazista Hermann Goering era stato per un po' di anni Reichskommissar dell'Africa Sud Occidentale Tedesca, ma fu soprattutto l'antropologo Eugen Fischer a stabilire la connessione diretta tra razzismo coloniale e razzismo interno. Nel 1908 mentre gli Herero marcivano nei lager e il primo genocidio del Novecento si stava consumando, Fischer si metteva a studiare il colore dei capelli, a misurare l'intelligenza di centinaia di bambini che erano nati da coppie bianche e nere. Ne risultò un libro di successo Die Rehobother Bastards (1913) in cui veniva "dimostrato" come la razza bianca degradasse mischiandosi con razze inferiori. Nel '27 Fischer sarebbe diventato direttore del nuovo Istituto per l'Antropologia, l'Eredità Umana e l'Eugenetica di Berlino che si trasformò poi nel centro promotore dei Rassenkunde-Studi Razziali. Con Gerhard Kittel, il teologo protestante che avrebbe consegnato il suo nome ad un'opera fondamentale Il grande lessico del Nuovo Testamento in sedici volumi, Fischer elaborò una base "biologica" all'antisemitismo, formò le SS e gli studenti di medicina alla igiene razziale. Ebbe tra i suoi diretti seguaci l'antropologa Eva Justin, studiosa degli zingari, che dopo l'esame prenderanno la strada di Auschwitz, e il dottore delle SS Josef Mengele, di cui è superfluo ricordare l'impegno nel seviziare a morte bambini e adulti.

Fisher

L'ossessione per i bastardi Fischer l'aveva incrementata come consulente scientifico della Commissione Speciale Numero Tre della Gestapo, quando si trattò di sterilizzare forzatamente, nel 1935-37, 385 bambini e bambine della Renania perché generati da madri tedesche e padri "neri". I Bastardi del Reno, appunto. Figli di tedesche e soldati "coloniali" francesi presenti in Renania subito dopo la Prima Guerra Mondiale [Eugen Fischer nel 1952 verrà nominato presidente onorario della ricostituita Società Tedesca di Antropologia!].

" L'Europa abbassa ogni giorno più il suo livello morale…alcune fra le città più progredite della terra, nella zona del Reno, sono state messe sotto vigilanza di truppe negre e di popolazioni molto inferiori…E, per supremo oltraggio ai vinti, nell'esercito di occupazione sono i rappresentanti delle razze meno progredite…Nei paesi del Reno, dove sono i più grandi capolavori dell'arte gotica, alloggiano negri usciti da capanne di fango…Ancora oggi i gialli, i bruni, i negri, dopo parecchi anni dalla stipulazione della pace, alloggiano sul Reno e commettono ogni violenza e ogni delitto…Ma mai finora dalle verdi sponde del Reno si erano specchiate nel fiume sacro alle battaglie e alla gloria, facce negre di cannibali d'Africa, venuti per imporre i diritti della vittoria al popolo più colto del mondo…" scrive nel 1921-23 il liberale Francesco Saverio Nitti già primo ministro italiano (1919) e poi esule antifascista, partecipando alla grandiosa e isterica campagna internazionale di propaganda promossa dal governo tedesco. Stampa, manifesti, trasmissioni radiofoniche, libretti, cartoline, un film, romanzi, sono prodotti per scandalizzare il mondo. E' il Black Horror on the Rhine o Schwarze Schmach o l'Onta Nera o El Terror Negro, a scelta.


Così il giornale
francese Le rire rappresentava
le donne tedesche, come
scrofe


"LA VERGOGNA NERA"secondo un libro tedescodel 1923

immagini tratte dall'articolo di
Iris Wigger, citato in bibliografia

































Le potenze coloniali non avevano avuto problemi a impiegare in combattimento, la Gran Bretagna, 800.00 soldati indiani e 200.000 lavoratori, la Francia, 500.000 soldati e 200.000 lavoratori, tra maghrebini, senegalesi, ivoriani, malgasci, vietnamiti. L'occupazione della Renania e poi della Ruhr da parte francese era avvenuta impiegando anche parte delle truppe coloniali "di colore". Il presidente tedesco, il socialdemocratico Ebert, protesta contro l'occupazione da parte di una civiltà inferiore. Sifilitici, pieni di vermi, brachicefali, subumani, animali, anzi bestie, insidiatori delle donne. "Sono gli ebrei che portano i negri nel Reno, sempre con la stessa idea nascosta e il chiaro scopo di distruggere la razza bianca, che odiano, per mezzo della bastardizzazione" scrive Adolf Hitler in Mein Kampf. A tale minaccia bisogna reagire. Il nazismo lo farà a suo modo. Al momento l'allarme è suonato e il mondo risponde. Gli Usa si scandalizzano, consapevoli del loro feroce apartheid razziale. In Inghilterra il capofila dello sdegno contro il Black Horror sarà il democratico, pacifista, E.D.Morel, autore di un fortunatissimo libello dal medesimo titolo: "…spingono i barbari -barbari appartenenti ad una razza che si ispira alla natura con spaventosi istinti sessuali - nel cuore dell'Europa" . L'economia generale della sessualità ha qui la sua celebrazione, il dominio fallico non può essere messo in discussione da scuri corpi barbarici.

Recenti ricerche hanno dimostrato che il libello di Morel e le istigazioni della campagna, Nitti compreso, hanno lo stesso valore storico dei Protocolli dei savi di Sion. Ma Morel non è uno qualunque. Piero Gobetti così commenta su La Rivoluzione Liberale del febbraio 1924 un articolo dell'inglese: "Il nome di E. D. Morel è legato all'idea della lotta contro i sistemi delle diplomazie europee segrete e miopi… I suoi studi di politica estera sono un modello di stile democratico e moderno." D'altra parte cosa vuol far sapere la Francia occupando la Renania e utilizzando in parte truppe coloniali? Che essa non si ferma al Mediterraneo né al Sahara, che l'Africa è una sua estensione e l'assoggettamento delle razze una prerogativa del suo dominio. La questione della razza, da qualunque parte la si veda, dal fronte tedesco o da quello "alleato", sta nel fulcro di qualsiasi idea d'Europa. E' fondativa del potere, sia esso democratico o totalitario. Per il nazismo sarà la costruzione dell'alterità ebraica, per le democrazie coloniali occidentali il confronto con un'Africa notte buia, assenza, mancanza da riempire e completare, animale da addomesticare. Durante il Trattato di Locarno, 1925, la Francia si impegna a ritirare quello che resta delle truppe coloniali anche perché in Marocco la rivolta del Riff guidata da Abdelkrim dà filo da torcere a spagnoli e francesi e ci vorranno anni per fermarla.


Seconda Guerra M., Soldato africano morente

Tra le due guerre viene eroso l'assetto del colonialismo europeo e non sappiamo quanto l'esperienza del Reno vi abbia contribuito. Sappiamo pero' che quando un migliaio di tirailleurs sénégalais -senegalesi, sudanesi, ivoriani…- che hanno combattuto in Europa contro i tedeschi, rientra dalla prigionia, e nel campo di Thiaroye vicino a Dakar, si ribella alle umiliazioni e alle discriminazioni in base al colore della pelle delle gerarchie militari francesi, queste ultime non hanno problemi ad aprire il fuoco. E' la notte del 1 dicembre del 1944 e sul terreno restano alcune centinaia di soldati. Ousmane Sembène l'ha raccontato in un film memorabile.



LETTURE
Il documentario di Serge Bilé, omonimo del libro "Les Noirs dans les Camps Nazis" (1995), è distribuito da Orisha Distibution, orisha-films@wanadoo.fr.
Un documentario inglese affronta lo stesso tema:
"Hitler's Forgotten Victims" di David Okuefuna e Moise Shewa, 1997, della Afro Wisdom Production.

Uno studio complessivo, che però tiene conto solo di fonti angloamericane, è quello di Clarence Lausane, "Hitler's Black Victims: The Historical Experiences of Afro-Germans, European Black, African, and African American in Nazi Era", Routledge, New York, 2003.
Susan Semples, "African Germans in the Third Reich, in The American-German Experience. Critical Essays". A cura di Carol Aisha Blackshire Belay, Praeger Publisher, Westport, Conn. 1996


Sullo sterminio degli Herero, vedi il post;
stabilisce una connessione tra apparati di violenza nella colonia tedesca e nel nazismo, come aveva fatto Hannah Arendt:
Benjamin Madley, "From Africa to Auschwitz: How German South West Africa Incubated Ideas and Methods Adopted and Developed by the Nazis in Eastern Europe", in European History Quarterly, 3/2005

Smontano le accuse di brutalità delle truppe coloniali francesi e toccano il tema della sterilizzazione:

Gisela Lebzelter, "Die 'Schwarze Schmach' Vorurteile - Propaganda - Mythos", in Geschichte und Gesellschaft, 11, 1985;

" Keith L. Nelson, "The 'Black Horror on the Rhine': Race as a Factor in Post-World War I Diplomacy", in Journal of Modern History, 42, 1970;

Sally Marks, "Black Watch on the Rhine: A Study in Propaganda, Prejudice and Prurience", in European Studies Review, 13, 1983;

Il più recente studio complessivo: Iris Wigger, ‘Black Shame’ – the campaign against ‘racial degeneration’ and female degradation in interwar Europe, in Race and Class, 3, 2010; Il testo di F.S.Nitti lo si può leggere in "Scritti politici", vol. I, Laterza, Bari, 1959.


Sul massacro dei soldati africani inquadrati nell'esercito francese:
Raffael Scheck, "They Are Just Savages": German Massacres of Black Soldiers from the French Army in 1940" in  The Journal of Modern History, June, 2005

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