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Jiří Kolář 2


Jiří Kolář 2


KOLÁŘGRAMMA

Una prefazione a Jiří Kolář io la condenserei in uno o due balengogrammi-cvokogramy. Forse mi accontenterei anche di uno solo, questo:


Forse non farei la felicità dell’editore.
D’altra parte, come recita l’incipit del Manuale di Epitteto: “Τών ’ώντων…Delle cose che esistono alcune sono in nostro potere, altre no” . Non è in mio potere inventarmi una prefazione a mia immagine e simiglianza. Perciò mi presto a accompagnare giudiziosamente lettrici e lettori in un viaggio nei paraggi di Jiří Kolář, anche se non sono una guida patentata e spesso mi succede di perdermi.
Rispolverando le nozioni scolastiche: Epitteto vive fra il primo e secondo secolo dopo Cristo e il suo Manuale è una felice sintesi della morale stoica, una guida da tenersi a portata di mano, come un coltello.
Il nuovo Epitteto di Kolář è una perorazione didattica. Che dico? Forse è un poema filosofico (o pedagogico)? Di certo non è un manuale di stile. E’ un’ars poetica? Allora, più Orazio che Ezra Pound [: “Poesia è l’arte di caricare ogni parola del suo massimo significato”, nella traduzione di Cristina Campo]. E’ una guida dei perplessi che si avviano a diventare poeti? No, neppure questo. Un breviario di etica?
E’ un manuale di escavazione che richiede un certo accanimento:

Quando siedi al tavolo
Ricorda che non sai quel che scriverai
E che siedi per costringere la poesia a parlare
Estorcere alla poesia il diritto di andarsene dal suo regno
È quanto di più grande può compiere il poeta moderno

Un’arte mineraria in cui l’affioramento della poesia non è mai un dato, bensì un’impresa:

Se rifiutiamo di percorrere la via delle scoperte
Ci imbatteremo anche in nidi di segreto o caverne di
miracoloso
Ma non giungeremo mai alla tana della poesia

Seppure la luna fosse di nuovo diciannove volte più grande
della terra
Come ogni cosa che viene dalla terra, la poesia così sterrata porta un suo segreto:


Il segreto della poesia moderna non risiede in quel che accoglie
Bensì in quel che rifiuta
Non in ciò che approva
Ma in ciò a cui sa dire no

La poesia è una controrealtà che scava pozzi di senso. E’ un’abiura della realtà che ne viene sgretolata. Ma decomposizione è già, in qualche modo, composizione.

Non è facile mantenere la poesia in accordo con l’inaudito
E arricchirla di un nuovo ordine

Voce fuori campo:

Il poeta moderno non affronta nessuna opera
Di cui abbia già sicuri segreto e bellezza
Preferisce essere mascalzone piuttosto che opportunista

Io, che non sono né poeta né moderno [mascalzone e opportunista, sì] quanto piuttosto un approssimativo tour operator in viaggio attorno a Kolář, non riesco a destreggiarmi nella topografia della sua vita: c’è un cartello “deviazione” che data Anni Cinquanta e che mi porta da tutt’altra parte:
Poiché da questo dipende se fra le parole parlerà il silenzio
e il silenzio parlerà con la “poesia evidente” , una poesia “che esclude la parola scritta come struttura portante della cultura e della mutua comprensione”. Una poesia plastica che fa a meno della poesia verbale. Silenzio fonetico, si può dire, ma poesia strepitosa e fragorosa che si rivolge allo sguardo, che chiama l’occhio a testimoniare. Poesia oculare. Le parole diventano cose viste.
Chi non li ha visti con i propri occhi i collages di Kolář non pretenda da me una loro delucidazione. Né lo pretenda dalla propria immaginazione.


Kolář mette in moto una macchina decompositoria, triturante e stravolgente che cambia il mondo mettendolo in figura. Resta poeta, ma di una poesia ottica che frantuma la realtà, anzi, che frantuma lo sguardo stesso. Orbis pictus che ripara se stesso, fin dove può, senza anestesia, senza antidolorifici.

* “E’ stato uno dei più grandi choc che io abbia mai provato: grandi stanze piene di capelli, di scarpe, di valigie, di abiti, di stoviglie, di protesi, di occhiali, di giocattoli ecc. Tutto segnato da un destino spaventoso, da qualche cosa che l’arte non è in grado di esprimere…” aveva scritto a proposito di una visita al museo di Auschwitz. Fine della poesia naturale?

* O è stato il carcere inflitto nel 1953 per un diario poco ortodosso, Il fegato di Prometeo, che la polizia socialista gli trova in casa, a fargli sentire l’impossibile confronto tra poesia e storia? A riconoscere che le parole lo stavano tradendo?

Quando ti viene addosso la poesia
Getta subito una parte del tuo essere contro di lei
L’altra attenda quieta e sicura
E rivolta a sé esamini che cosa vuole poi che è venuta
Se ha maschera di forma mai vista o scrittura
affascinante

* Oppure:
“A fare questo passo mi hanno indotto i seguenti tre signori: Malevic con il suo quadro nero, Klee con la sua ‘Nascita della poesia’ e Fontana con la sua tela intercisa”
Quale sia stata la spinta io non saprei. Ma la deviazione è certa: dalla parola poetica scritta alla immagine attiva, che altera se stessa. La parole diventano oggetti e gli oggetti parole: “Le cose vivono e invecchiano con noi, dipendono sempre dal modo in cui noi viviamo, di che cosa viviamo, dei cambiamenti che attraversano la nostra vita…E un giorno ho avuto il desiderio di rendere visibile queste scritture tracciate dai graffi e dai toccamenti degli uomini” . La sintonia con quell’altro boemo è una mia fantasia?: “Sarai il più abbandonato quando le cose ti abbandoneranno. Le cose non domandano: dicono di sì a tutto. Le cose sarebbero delle magnifiche amanti” [Jiří Orten].

Rap del collage a due voci

konfrontáže confrontages
chiasmáže chiasmages
roláže rollages
proláže intercalages
hádanky indovinelli
vzorník campionario
anticollages anticollages
analfabetické básně poesie analfabetiche
cvokogramy matto/balengogramma
slepecké básně poesie per ciechi
“…” “…”
“…” “…”

Sono gli anni del Nuovo Epitteto- Nový Epiktet, scritto nel 1956-57 e pubblicato nel 1968. Qualche puntata a Parigi e nel 1980 il trasferimento definitivo [condannato in absentia dal comunista governo cecoslovacco nel 1982].
Grande collaborazione con Michel Butor, che lo evoca come “ornitologie des échos atlas des multiplications le jardiniér des résistences” e successo generale, ottenuto non con gli scandali o gli eccessi, ma con il probo artigianato del suo primo mestiere, il falegname.

Qui la segnaletica si fa equivoca e la guida tentenna.


Kolář
Come non si pone un bersaglio così che l’arciere lo manchi
Così centro del destino della poesia moderna è la protesta

Epitteto
Come un bersaglio non viene installato per essere mancato,
così non esiste nell’universo la natura del male


Epitteto tradotto da Giacomo Leopardi
Come non si mette un bersaglio acciocché l’uomo non lo colga,
così non si genera e non si ritrova al mondo la natura del male.

Cosa intenda Epitteto è chiaro: il male non esiste, il mondo è stato pensato e creato perché il bersaglio fosse colto, non per farne un universo fallito, contaminato dal male.
Kolář invece predica la protesta. Contro il male, ovvio. Poesia v/s male del mondo. Non credo alle mie orecchie. O è la mia citrullaggine?

“In caso di necessità so
come scrivere poesie che incitano alla lotta
con la stessa sincerità
della cosiddetta poesia lirica
spirituale filosofica descrittiva religiosa alchimistica artificiale o pura…”
scrive in Opere postume del Signor A:

Deciso: è la mia grulleria.
La poesia, verbale o visuale che sia, partecipa alla universale lotta contro la morte, non può ridursi ad una pugilistica col mondo e i suoi guasti
.

Dunque ogni qualvolta guarderemo l’argine della morte
Dovremo osare di andar oltre quel che abbiamo veduto

Infatti:

La poesia moderna deve apparire estranea
e inaccettabile anche a uno spirito eletto e fermo
Altrimenti il suo potere non sarebbe salvifico
E in nessuna circostanza puoi pensare che ti sia permesso tutto e di non accettare nulla
Al contrario
Arrancherai e faticherai
Lascerai la tua casa e puoi finire pazzo
Ti disprezzerà anche l’ultimo dei servi
E sarai deriso e additato come persona corrotta

Coro
ripete ad libitum:

“Altrimenti il suo potere non sarebbe salvifico”
“Altrimenti il suo potere non sarebbe salvifico”
………………

Tutto nella realtà sarà per te spirituale
Tutto lo spirituale reale
E poiché moltiplichi il dolore
Conserva puro e intatto il riso dei morti
Non dimenticare che il castigo del cattivo poeta è in quel
che scrive

Come in tutti i viaggi organizzati, la guida, per guadagnarsi qualche extra, concluso il breve itinerario circa Jiří Kolář, propone ai pazienti viaggiatori futuri nuovi e strabilianti tours a condizioni di favore.


Primo tour attorno, verso, con
:

František Burian e la sua jazz opera
Bubu di Montparnasse.
Kolář pubblica con lui i primi versi nel 1942, partecipando entrambi al Gruppo- Skupina 42.
Burian è stato regista, drammaturgo, scenografo, compositore, direttore d’orchestra, cantante, cameramen, poeta, teorico dell’arte, musicista a Dachau, direttore di teatro, comunista.


Secondo tour
:

Come scrive Angelo Maria Ripellino in un libro dedicato al nostro artista, purtroppo fuori catalogo ormai da più di trent’anni:
“ Secondo una tendenza comune a molta poesia ceca moderna, Kolář registra frantumi di ‘osudy’ ossia di ‘destini”.
Non era un poeta ceco Roque Dalton, veniva dal sole del paese centramericano El Salvador, ma nella birreria U Fleku scriveva poemi costruiti sui frammenti di frasi degli avventori che gli stavano accanto. Destini effimeri
.
[Poesia
perdóname por haberme ayudado a comprender
que no estás hecha sólo de palabras]
E Leoš Janáček trascriveva sul taccuino per strada le diverse intonazioni ♫ ♪ del parlato delle persone che incontrava per poi farne idee musicali in Kat'á Kabanová, L’affare Makropulos, Jenufa. Destini sonori.

Terzo tour
:

“Prima di incontrare Scwitters ero incantato dai poemi-immagini di Jiří Voskovec”
confessa Kolář. Voskovec o Il Teatro Liberato. Aggiungere le musiche di Jaroslav Ježek, frullare con il resto e distillare una Praga perenne.

Quarto tour:

Esplorazione del quartetto J. Kolář, Vladimir Boutnik, Bohumil Hrabal, Egon Bondy, sostando al café Slavia:
“Il poeta Egon Bondy, che veniva spesso a trovarci, ogni volta che Vladimir gli leggeva qualcosa dal suo diario, pestava il pavimento con le suole delle sue piccole scarpe e gridava: Porca puttana! Prima di trovare un'immagine cosi', io mi devo scavare tutta la piazza con le unghie! E questo qui ne tira fuori a centinaia dal cappello!” [B.Hrabal, Un tenero barbaro, cioé V. Boutnik, pittore, grafico, operaio, suicida nel 1968]

Quinto tour




Mia prefazione a IL NUOVO MANUALE DI EPITTETO di Jiří Kolář , traduzione dal ceco di M.Elena Cantarello e Sergio Corduas,
PoldiLibri, Porto Valtravaglia, 2008 [www.poldilibri.it]. Alla presentazione del libro a Torino ho suonato il
Portrait de Jiří Kolář (1980/83) per pianoforte del compsitore francese Jean-Yves Bosseur, brano all'altezza del personaggio che evoca.

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