Qui riporto l'ultima.
Newsletter 8/2009
a cura di claudio canal
un modesto notiziario per un paese incerto fin dal nome:
BIRMANIA in italiano, BURMA in inglese, MYANMAR il nome ufficiale in birmano.
BURMA è la resa fonetica data dalle autorità coloniali della pronuncia di phamma con cui la maggioranza della popolazione chiamava il paese. Il termine MYANMAR, adottato ufficialmente dal giugno 1989, è il nome usato nelle Cronaca del Palazzo di vetro, un libro di storia commissionato dal re birmano nel 1829.
La giunta militare che governa il paese l’ha imposto come gesto anticoloniale.
Reuter
Esattamente in quel punto indicato dalla freccia rossa?
Vale a dire nella regione Kokang , più precisamente la Regione Speciale n. 1 dello Stato Shan, essendo l’altra, la numero 2, il Wa. Aree con una qualche forma di autonomia, costituite nella maggioranza da popolazioni di origine cinese [han] oltre che da immigrati cinesi veri e propri. Entrambe gravitanti economicamente sulla confinante regione cinese dello Yunan.
E’ successo che il 24 agosto l’esercito birmano è intervenuto battendosi contro le milizie locali [MNDA Myanmar National Democratic Army] che nel 1989 avevano concordato con la giunta un cessate il fuoco. L’occasione è stato il rifiuto delle milizie di trasformarsi in guardie di frontiera integrate nell’esercito birimano.
Il leader del Kokang, Peng Jiashen [ Phon Kyar Shin in birmano], è ora alla macchia con i suoi fedeli e da 30.000 a 60.000 [dei 150.000] abitanti si sono rifugiati in Cina.
A questo punto sorgono alcuni quesiti che non interessano solo Kokang e dintorni:
la Cina, che fornisce armi e sostegno politico alla Birmania, come mai non è riuscita a convincere la giunta di Naypyidaw [nuova, futuribile capitale della Birmania, al posto di Yangon] a trovare una soluzione politica alla questione? Quella stessa Cina, che si prefigge sempre di mantenere situazioni stabili ai suoi confini. E' sufficiente la spiegazione della strategia della “non ingerenza” costantemente predicata da Pechino?
Altri interrogativi: quale sarà il prossimo gruppo armato, tra quelli recalcitranti, ad essere attaccato dall’esercito birmano, il temuto Tatmadaw?
Perché la giunta vuole neutralizzare a tutti i costi le milizie [17 di numero] con cui pur aveva concordato il cessate il fuoco, che dura da vent’anni?
Il nostro sguardo sulla Birmania è tutto concentrato su Aung San Suu Kyi, come è giusto, ma va integrato con la comprensione del ruolo del conflitto “etnico” e della birmanizzazione forzata ricercata dalla giunta, che si fa “garante” dell’unità del paese.
Sulla complessità di questo conflitto non posso che rimandare al mio lavoro pubblicato in QUADERNI VIETNAMITI , Torino, Centro di studi vietnamiti/Biblioteca Enrica Collotti Pischel, n. 6/7, 2008,
SOGNI E INCUBI. NAZIONI, NAZIONALITA’, GUERRA IN BIRMANIA/MYANMAR
inserito nel post successivo.
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