SONO
NAZIFICABILI GLI STATI UNITI?
È un
pensierino che comincia a circolare e porta con sé qualche brivido e anche un
premio di consolazione: sappiamo come è andata a finire là nel bunker di
Berlino.
Nazismo
Nazifascismo Nazionalsocialismo Fascismo non sono parole cadute in disuso come gaglioffo o simili,
fanno parte invece di un vocabolario che prova a definire realtà politiche e
sociali che rievocano un po’ troppo da vicino la prima metà del XX secolo
europeo. Etichette di successo in tante aree del mappamondo.
Anche negli
USA?
C’è un libro
– in questo post parlo solo di libri – che indaga i tentativi americani non del
tutto innocui di impiantare in passato qualcosa di definibile con Nazi….
L’autrice, Rachel Maddow, lo intitola Prequel. Quando l’America rischiò di
diventare fascista [trad. di Mimosa Martini, Neri Pozza, 2024], in cui riconosciamo
un tranquillizzante passato remoto rischiò unito però a prequel-antefatto.
In realtà l’originale recita Prequel : An American Fight Against Fascism.
Da noi lotta
contro il fascismo suona sgarbato.
Al reality
il primo ciak è stato dato qualche mese fa. Il MAGApresidente c’è, un Folk che
lo adora, pure, e non manca uno Stato violento che si allena nella deportazione
e alla detenzione degli indomabili,
Gli americani, intesi come cittadini
degli Stati Uniti, in passato hanno mai avuto sentore di questa eventualità?
A me la
pulce nell’orecchio me l’aveva messa 45
anni fa l’esilarante scena del Partito Socialista Americano
dei Bianchi più noto come I Nazisti dell’Illinois. Lo stellare The
Blues Brothers di John Landis. Una commedia musicale, non un’indagine
storica. It can’t happen here-Da noi non può succedere, avrebbe detto
chiunque, americano o no. Non scherziamo sulla democrazia.
Non
scherzava Sinclair Lewis, primo americano premio Nobel per la letteratura nel
1930, che dava proprio quel titolo ad un romanzo scritto nel ’35 la cui trama
si svolgeva l’anno successivo. La crisi del ’29 dava ancora filo da torcere e
un pugno di nazionalisti, emanazione del partito democratico, si incarica di
risolvere i problemi e di rendere la infiacchita nazione di nuovo grande. Ci
vuole prima di tutto un uomo forte che si candidi alla presidenza, e loro ce
l’hanno, si chiama Berzelius (Buzz) Windrip, farnetica il giusto nei comizi,
dice che bisogna chiudere i confini, rispedire a casa gli immigrati, fottere
gli intellettuali rompicazzo, le donne stiano pure a casa che è il loro posto,
vuole che l’economia sia come quella che un collega italiano di allora chiama
autarchia. Tutte le minoranze saranno rispettate, perfino i negri, se saranno
d’accordo con Windrip.
Buzz viene votato a maggioranza e dà anche lui il via al
reality.
Per sapere come va a finire bisogna leggerlo.
L’editoria
italiana deve aver stravisto il bisniz e ne ha sfornato tre versioni, una edita
da Landscape Book, col titolo Qui non può
succedere, medesimo titolo da Chiarelettere, Da noi non può succedere è
invece edito da Passigli.
Abbattuto da questa lettura, sono
ricorso alla mia storica cotta per Philip K. Dick: la Seconda Guerra
Mondiale è stata vinta dalle forze dell’Asse, Germania, Italia, Giappone, e si è
conclusa nel 1947. L’Europa è in mano a Hitler, Asia e Oceania se le prende il
Giappone, Italia raccatta meno che briciole. La resa incondizionata degli Stati
Uniti fa sì che vengano spartiti, al Terzo Reich la costa orientale, all’Impero
Giapponese quella occidentale, al Sud uno stato fantoccio razzista che si
chiama Sud.
La svastica sul sole è il titolo italiano di The man in the High Castle pubblicato da Dick nel 1962 [una dozzina di edizioni italiane dal 1965, infine Fanucci, 2021, e, con il titolo originale, Mondadori, 2022]. La modifica è un’operazione di marketing all’italiana, ma non snatura il senso del libro che non è un generico gioco di geopolitica rovesciata, di Mediterraneo prosciugato e di progettate colonizzazioni di Luna e Marte. La narrativa di Dick è un viaggio alla scoperta dell’America, cioè del mondo, dominato da totalitarismi di variegata coloritura in cui c’è anche un libro proibito che racconta che sono stati gli Alleati a vincerla la guerra. E’ un mondo inquieto, di lotte di potere e di normale, scontata quotidianità. E’ una storia alternativa, ma neanche tanto. E la bellezza della scrittura sta proprio nella domanda che inevitabilmente provoca: un mondo nazificato è tanto diverso dal nostro?
Chiuso il libro, comincia il fermento
mentale di chi l’ha appena letto.
Ci sarebbe un terzo libro (tra quelli
che conosco io), l’ha scritto un gigante della letteratura degli Stati Uniti,
ma questo post diventerebbe troppo lungo.
Conclusione: in passato c'era forse qualche presentimento di possibile strafascismo statunitense, ma non di un fascismo comico alla Jerry Lewis con smorfie e lazzi, con un dux banderuola che sbava in continuazione, straparla e ha in mente solo il paese dei balocchi della sua infanzia, circondato da strafighe e invasati a impersonare il Gatto e la Volpe.
Nel mio piccolissimo:
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