Passa ai contenuti principali

KADARE'

Ismail Kadaré molto giovane


MAESTRO DI MITOLOGIE COLLETTIVE E PERSONALI

                                                          l'ho pubblicato su 

 


  

 8 luglio 2024 


È morto il primo di luglio Ismail Kadaré, albanese, aveva 88 anni. Maestro di mitologie collettive e personali, su cui ha costruito la lettura del mondo e di se stesso.  Mitologie plausibili e non semplici fandonie.

Ha scritto moltissimo, romanzi, saggi e raccolte di poesie. Buona parte della sua sterminata opera è stata tradotta in italiano oltre che in un gran numero di lingue non solo europee, spesso avendo come base una traduzione francese invece che l’originale. Anche in Italia, nonostante l’albanologia sia particolarmente sviluppata in alcune università.

Una produzione così cospicua non può che avere i suoi alti e bassi, ma Kadaré si fa comunque leggere così come appare, affascinando per gli intrecci di  storie entro contesti storico-culturali diversi. Il miracolo avviene fin dal suo primo capolavoro, Il generale dell’armata morta (1963), diventato poi (1983) un gioiello di film per merito di Luciano Tovoli, regista, e di Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Anouk Aimée e di un esordiente Sergio Castellitto.

 

Altri romanzi, pur muovendosi dentro mitologie balcaniche, omeriche o contemporanee, mantengono intatta questa possibilità di lettura senza per forza richiedere la diffusa pratica di scavalcamento del testo per aprire la caccia ai significati inediti e nascosti.  Il disvelamento di allegorie e metafore come obiettivo spesso primario della critica. Per nostra fortuna i mondi paralleli da lui creati non sono mai così lunari da non contenere anche il nostro mondo e i nostri sogni.  Includendo anche quella cosa che chiamiamo politica intesa come la trama delle relazioni tra singoli e tra gruppi. Kadaré in sostanza è una grande lettura nonostante Kadaré.

 

Nonostante la sua personale mitologia che l’ha condotto nel 1990, a pochi mesi dal crollo del regime nazional-comunista albanese, a chiedere asilo politico alla Francia. In quanto perseguitato e nello stesso tempo esponente di rilievo della nomenklatura.

Ossessionato da questa contraddizione da allora l’ha sacralizzata facendone lo stendardo della sua rivendicazione. In Europa hanno abboccato subito impiegando l’unica categoria nota, quella di dissidente. Ma i dissenzienti si meritavano decenni di carcere e lavori forzati. Kadaré è un grande scrittore non un grande eroe. Una figura non sottintende per forza l’altra. Ci fu lo scrittore Mehmet Myftiu, per citarne uno dei tanti, che manifestò pubblicamente contro l’arresto di un collega, Kasëm Trebeshina, e fino a dispotismo vigente lo potevi incontrare nel suo chiosco di tabacchi  nella centrale via delle Barricate a Tirana, sorridente e gentile.

 

Il cruccio di Kadaré era dimostrare che l’Albania è Europa, preferibilmente cristiana, che ha un’anima (?) schiettamente europea e che l’Impero Ottomano era solo barbarie. Impelagandosi a inizio Duemila anche in una feroce polemica sul tema sempre regressivo dell’identità con Rexhep Qosja [da pronunciarsi suppergiù: Regep Ciosia], notevole personalità di studioso e scrittore kossovaro – ricordo una sorprendente conversazione a Pristina, ahimè trent’anni fa- che invece rivendicava l’importanza della cultura musulmana non solo per l’area albanese, ma per l’Europa stessa. Di questo rilevante confronto in Italia non si è mai visto traccia, non a caso.

 

Di Ismail Kadaré ci resta il nostro caparbio incantamento per la sua scrittura e lo sgomento per la sua inutile e personale omertà.

 

Nota: di Rexhep Qosja è reperibile La morte mi viene da occhi così. Tredici racconti che potrebbero fare un romanzo, trad. di Anila Alhasa, Egnatia, Genova, 2019

 

qualche foto scattata durante un viaggio a regime ancora vigente 1989/1990, incipit di amicizie e molti altri viaggi successivi: 





Testo edito a Tirana dall'editrice statale -non ce n'erano altre- in lingue estere in cui si doveva citare ogni tanto il compagno Hoxha e parlar male di studiosi che avevano lasciato l'Albania. Edito nel 1988, ma la stesura risale al 1981 

vedi anche Migjeni



Commenti

Post popolari in questo blog

Restiamo umani n. 11

  RESTIAMO UMANI   N. 11                                                 Gaza, prima     Se affermi che a Gaza si sta compiendo un genocidio, gli Altri ti dicono che sei un antisemita. Se affermi che a Gaza non si sta compiendo un genocidio, gli altri Altri ti dicono che sei un fottuto sionista complice. Genocidio vocabolo di distrazione di massa. Io dico che a Gaza è in atto un massacro, un annientamento, uno sterminio. Può bastare? Ridico che il 7 ottobre è stato un pogrom con i fiocchi, dove i fiocchi sono stati i nepalesi, thailandesi, filippini, palestinesi israeliani,   assassinati o presi in ostaggio. Il resto sono 379 militari israeliani uccisi, in questo caso si chiamerebbe Operazione Militare , se non ci fossero 797 civili uccisi   -tra cui bambini e donne stuprate- e 251 persone rapite, si chiama Pogrom e no...

NETANYAHU E SABBATAI ZEVI

  Goya, Bobalicon NETANYAHU E SABBATAI ZEVI Siamo impotenti contro Netanyahu –Mileikowsky nome originale- e la sua gang di banditi al governo. Fanno quello che vogliono. Noi ci mettiamo a polemizzare se sia meglio usare il termine genocidio oppure gridare allo sterminio o all’annientamento o all’ecatombe.   Loro non hanno questi problemi linguistici. Hanno problemi logistici, come spedire droni a bombardare le tende, l’esercito a spianare Gaza con i bulldozer, i piloti a centrare medici, giornalisti e affamati, i coloni a condurre la guerra parallela per la terra in Cisgiordania, subdominio poco per volta gazificato.  Netanyahu & C. non hanno nessuna vergogna. Bombardare come si deve. Come fosse un rituale da portare a termine. Se ne fanno un vanto. I soldati cliccano ì selfies di fronte alle loro distruzioni e ridono a crepapelle. Gaza diventa la “Riviera Gaza” per ospitare il palazzinaro Trump che va matto per gli affari immobiliari, e i gazawi deportati in Sud Su...

IL CONCERTO ANGELICO

IL CONCERTO ANGELICO LA MUSICA PARADISIACA NELLA PITTURA MONREGALESE DEL QUATTROCENTO All’epoca, quali risonanze procurava nell’animo dei fedeli il concerto angelico dipinto nella cappella di San Bernardo a Castelletto Stura [Cuneo] ?         Risposta inarrivabile, naturalmente. Fuori delle possibilità di una concreta indagine storica. La domanda, tuttavia, potrebbe forse proficuamente orientare il nostro sguardo, se mantenuta come orizzonte interpretativo.         I fedeli hanno di fronte un Paradiso festoso concentrato sulla operante Trinità e su una Vergine incoronata Regina del cielo . Già questa centralità di Maria è debito alla fantasia spirituale e teologica, dal momento che i riferimenti neotestamentari sono scarsi e quelli per l’ Assunzione e l’ Incoronazione nulli. Il silenzio dei testi ha ispirato fin dai primi secoli le più diverse ipotesi speculative. Un complesso lavoro di allegorizzazione di figu...