C’è una
guerra, atroce in modo del tutto speciale. Eccidi, esecuzioni e stupri di massa, bombardamento di paesi, pulizia etnica spietata. E’ iniziata 14 mesi fa, ha
generato 7.1 milioni di sfollati interni
e 1.8 milioni di rifugiati e richiedenti
asilo al di fuori del Paese [UNHCR] e oltre a 15.000 o, più
probabilmente, 150.000 morti [v. International Rescue Committee].
25,6 milioni di
persone si trovano in condizioni di fame acuta [Nazioni Unite].
Cifre ruvide che nascondono gli esseri umani invece di mostrarli.
Siamo in Sudan.
E’ atroce in modo speciale questa guerra, anche perché parla esplicitamente di noi, del nostro modo di guardare il mondo. Non è un problema di ottica, ma di diritto autogenerato di selezionare ciò che merita e ciò che non merita il nostro sguardo.
Una guerra che devi cercarla con il lanternino su media di qualsiasi tipo, compresi i loquaci ed intasati social.
A cui corrisponde il nulla. Nessuna mobilitazione, zero iniziative, nessuno che invochi un “cessate il fuoco!” o un Free Sudan, università mondiali super tranquille, pacifisti anche di più, militanti che non militano, non una di meno parecchio distratta, giornalisti e TV impegnati in altro. Genocidio si o no? Tribunali Internazionali? Piazze arabe? Pensatori euroamericani? Leader religiosi? Qualche volta di sfuggita Papa Francesco.
Morti sudanesi taciturne, nessuno prende la parola in loro nome.
Ha una spiegazione questo silenzio strategico?
Azzardo delle risposte tra le tante possibili.
-Un indicibile residuato di
colonialismo mentale: sono solo africani che si ammazzano tra di loro.
-Un indicibile eccedenza di post colonialismo: anche le vittime si ammazzano come ci siamo sempre ammazzati noi, sono proprio come noi, non sono immacolati.
-Una inconscia (?) gerarchia che non ci permette di schierarci, che è la cosa che mi/ci piace di più: in campo non ci sono gli Stati Uniti e non c’è Israele*, fonti del bene o del male, a scelta. In questa guerra non c'è neppure un Putin/Zelensky da amare/odiare. E' una guerra senza fronzoli, dove non posso propugnare il bene e avversare il male, abituati come siamo a far combaciare geomorale con geopolitica.
-In più, dove lo trovo sulla cartina
il Sudan?
Una guerra poco avvincente ai miei, ai nostri occhi, che infatti non la vedono.
Non si può neppure dire che sia solo una guerra locale.
A sostenere una o l'altra delle due fazioni in conflitto concorrono contrapponendosi :
Emirati Arabi Uniti [UAE], Arabia Saudita, Egitto, Iran. Non stanno a guardare Russia e Cina. I Paesi circostanti del Sahel, già in situazione molto critica, devono accogliere centinaia di migliaia di esseri umani in preda alla disperazione.
Può bastare?
* L’aveva molto chiaro Mahmud Darwish, poeta di Palestina, che nel 1996 poneva la seguente domanda a Herit Yeshurum, scrittrice israeliana che lo stava intervistando:
Sa perché siamo celebri noialtri palestinesi? Perché voi siete il nostro nemico. L’interesse per la questione palestinese deriva dall’interesse per la questione ebraica. Sì. L’interesse è per lei non per me. Se noi fossimo in guerra con il Pakistan, nessuno avrebbe sentito parlare di me…Non mi faccio illusioni. L’interesse internazionale per la questione palestinese non è che il riflesso dell’interesse per la questione ebraica.
M. Darwish, La Palestine comme métaphore. Entretiens, Paris, Sindbad/Actes Sud, 1997, p. 153-4
poeta del Sudan
Ellissi
Sono una poesia incompiuta.
Un colore non abbastanza bello per
l’arcobaleno.
Un deserto che non ha mai saputo come
si sentisse un girasole nel suo suolo.
Sono una barriera corallina che è
stata toccata e ha perso i suoi colori vibranti.
Sono tutto ciò che è niente.
Sono le macerie di ogni demolizione.
Sono quelle cifre dopo il decimale
ignorate da tutti.
Sono la vittima di un pensiero su un
pensiero su un pensiero incatenata da quella reazione a catena
Sono un sospiro dopo un lungo respiro
profondo
Sono…
Commenti
Posta un commento