due miniature jugoslave
Metelkova quartiere di
Lubiana
Qualcuno
restituirà i bambini morti alle loro madri, le donne morte agli uomini, gli
uomini morti alle donne? Col cazzo.
Non siamo in Ucraina, ma in un’altra
guerra europea, in un romanzo che per quattro quinti racconta la storia di un
bambino che diventa grande. Amicizie di cui si amano più i difetti che le
virtù. Stupori imprevedibili e grandi, grandi trepidazioni. L’autore scrive con
un’andatura vivissima e rievocativa. La sua è una nostalgia non nostalgica. Il
paradiso perduto non lo trascina all’indietro, ma gli fornisce alimento per
discernere il presente dove l’intelligenza non vale niente, se non applicata al
potere.
Chi sta leggendo il libro sa che cosa
lo attende alla fine e questa tensione non si allenta mai, come un bacio
imminente. Il lettor-lettrice lo sa, anche se per ora ha solo letto il titolo.
In copertina infatti spicca un ritratto
del Santo Protettore, di nome Josip Broz, noto come Tito.
[ Il titolo originale diceva Nella stanza di Elvis e la foto rimandava ad un salotto anni Settanta - vedi sotto. Cioè al contenuto reale del libro. ]
E’ vero che la Jugoslavia pare grande
e potente, ma in realtà è soprattutto una tazza di porcellana ai bordi di un
tavolo. Se qualcuno, per sfortuna o anche apposta, la urta, cade e finisce in
pezzi. E se questo dovesse succedere, ho paura che con quei cocci ci
taglieremmo tutti.
E’ un libro, non una serie tv. Immagini, luci, colonna sonora devo metterle io che leggo, fomentato da quella cosa arcaica, analogica, che si chiama scrittura. Il maestro alchimista è perfettamente riuscito nell’Opera.
Si chiama Sebastijan Pregeli, è nato
a Lubiana in Slovenia nel 1970. Il romanzo si intitola Il giorno in cui finì
l’estate, splendida traduzione di Michele Obit, Bottega Errante Edizioni,
2022, Udine.
Tu sei stata là? Non sarebbe stato contento di sentire circolare questa domanda, il Santo Protettore. Pone questa domanda alla fine della propria breve vita uno scrittore bastardo venuto dal mondo scomparso dell’Europa centrale, come diceva di sé. Uno scrittore europeo di nascita jugoslava, Danilo Kiš, in un libro che non è un libro, bensì la trascrizione delle interviste a due donne per una serie televisiva. Andata in onda in quattro episodi nel marzo 1990 dagli studi di Sarajevo. L’ultima che gli jugoslavi hanno visto in diretta tutti assieme [eccetto la Croazia che l’ha trasmessa poco dopo perché c’era qualcosa che non andava].
Tu sei stata là, su
quell’isola?
Siete Pazzi! Perché sono in arresto?
– Questo ce lo dirai tu
Io la serie non l’ho vista in TV, ma
l’ho vista e rivista leggendo la trascrizione di Kiš.
Che cosa hai detto? – Non ho detto
che voi siete fascisti. Ho detto che siete peggio dei fascisti.
Eva Nahir e
Jenny Lebl sono due donne che vivono in quell’affascinante e fragilissimo paese
nato nel dopoguerra, a cui hanno
contribuito con la loro militanza e sofferenza. Poi inciampano in un gulag
locale, rimpicciolito se accostato a quello staliniano, ma ugualmente risultato
di un generale ristagno delle coscienze. Bisognava combattere lo stalinismo
- con metodi staliniani.
Nel marzo 1989 Kiš intervista le donne in Israele, dove vien girato il
documentario diretto da Aleksandar Mandic ́. A ottobre muore a Parigi di tumore
ai polmoni. Non vedrà il docufilm.
Il libro porta la firma di Danilo Kiš e di Aleksandar Mandic ́: La vita nuda, traduzione di Alice Parmeggiani. Postfazione di Božidar Stanišic ́,
Mimesis, 2022, Milano-Udine.
Alla fine dei due libri ti viene
voglia di essere Qualcuno e di saper correggere la storia
prefazione di Predrag Matvejevic,
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