Perché questo
libro è importante? Perché Luca Ricolfi e Paola Mastrocola lo getterebbero
schifati nel fuoco purificatore e il ministro dell’Educazione Nazionale scatenerebbe
ispettori a ispezionare gli Istituti Scolastici nominati.
Perché l’autore trascorre molto tempo
in aula e fuori con gli studenti [tutti maschi]
e ne raccoglie parole, idee, sensazioni, invettive. Parlano, non sono parlati.
Perché gli Istituti coinvolti sono un
professionale e un tecnico della periferia di Roma, cioè due scuole de
mmerda.
Perché la pietrificata gerarchia del sistema scolastico italiano si manifesta per quello che è.
Perché questi maschi sono sgradevoli,
simpatici, intelligenti, ottusi, disperati, appassionati, anarchici,
reazionari, sfrontati, timidi, maschilisti, fieri, fragili, razzializzati,
razzisti…
Perché io so’ un povero de merda!
Perché gli Istituti si reggono sulla
finzione di servire a qualcosa oltre alla custodia di adolescenti sfigati e
turbolenti.
Perché gli studenti sanno che il loro
destino è inevitabile, non c'è scuola che tenga. Lo pensa di se stesso anche qualche insegnante.
Perché la quotidianità scolastica e
non solo è scandita da un tacito compromesso al ribasso: fai quello che ti pare, fai anche niente.
Perché le soggettività degli studenti definiscono i compiti dell'istituzione e non viceversa.
Perché guardi i ragazzi, gli Istituti
in cui sono relegati, e vedi in filigrana la divisione sociale del lavoro, la
riproduzione sociale, le articolazioni di classe della società italiana.
Perché rivela che il lavoro
pedagogico non può darsi ovunque allo stesso modo.
Perché la finzione educativa
qui ha la sua massima rappresentazione.
Perché, dice l’autore, bisogna
evitare ogni forma di riduzionismo miserabilista e compassionevole.
Perché la scuola continua ad
esercitare un potere invisibile sui ragazzi, una volta usciti, come un’occasione
perduta.
Perché la mia vita non ha senso, manco
se lo cerchi.
Perché, dice l'autore, non preparando a niente non si
sta forse preparando a un futuro in cui ci si dovrà accontentare di qualsiasi
cosa?
Perché, dice l'autore, parleremo dunque di un apprendistato alla precarietà, di vere e proprie palestre di precarietà.
vedi anche qui
Perché mi ha svegliato da un torpore conoscitivo che da un po’ di tempo mi aveva duramente colpito.
Andrea
Caroselli
PALESTRE DI PRECARIETÀ
Una etnografia delle pratiche
conflittuali
nella formazione tecnica e
professionale
Ombre Corte, Verona, 2022
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