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l'ultima finestra giraffa

 

la casa editrice del libro è morta, il libro in Italia si trova solo nell'usato o nelle biblioteche [per fortuna]. L'autore è invece molto vivo, io vivacchio. Il libro è vivacissimo. E' stato tradotto nelle lingue per noi canoniche  e in altre misteriose: mongolo, indonesiano, farsi, shona, armeno...

L'ho presentato con l'autore 19 anni fa e poi ancora due anni dopo, sempre con Zilahy.

INVITO ai mille adirpoco editori italiani di lasciar stare certi nonnulla e a rieditare:

Péter Zilahy, L'ultima FinestraGiraffatrad. Bruno Ventavoli, Alet, Padova, 2004 

Questo è un libro da capogiro. Termina  con "Molti anni dopo, di fronte al plotone d'esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe  ricordato di quel remoto pomeriggio d'estate in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio" ovvero l'incipt di Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez, da cui, volendo si potrebbe rimbalzare da un finale ad un incipit a tutta la letteratura universale. Oppure entrare in un Continuum di Ligeti dove non c'è capo né coda ma un perenne mutare di un suono fermo.

Questo libro è un lunapark. Puoi "guardare le figure" che si presentano in ogni pagina e farti il tuo album immaginifico personale. Un libro-giostra tutto tuo in cui saltando di palo in frasca fai svanire l'ordine del mondo che Zilahy cerca invano di imporre alle sue pagine ricorrendo al ferreo ordine alfabetico. Di un abbecedario, però. Di un libro morbido, ordinatore del mondo ma soprattutto seduttore di bambini, che comincia con la A di ablak, che in ungherese vuol dire finestra, e finisce con la ZS di Zsiraf  che vuo dire giraffa. Come un abbecedario italiano che partendo da Abaco arrivi a Zuzzurellone.

Questo è il libro di un abile giostraio che ti porta sull'ottovolante fino a Belgrado e lì vedi le montagne russe del potere imbalsamato e del contropotere ramificato. Scivoli a zig zag sull'autoscontro di una infanzia teneramente ricordata. Vai alla pesca dei pesciolini rossi tra un guizzo di filosofia analitica (La ventinovesima lettera dell'alfabeto ungherese è la Q. La lettera Q non esiste in nessuna parola ungherese) e una apnea onirica (Due tizi mi hanno picchiato in sogno talmente forte che l'indomani non sono riuscito ad alzarmi. Sono dovuto restare a letto a proseguire il mio sogno). Precipiti nello scivolo della storia balcanica ed universale senza neppure accorgertene, ci finisci dentro e per un po' ti disorienti.

Péter Zilahy, autoritratto, 2013

Questo è un libro mutante, situazionista. Sarebbe piaciuto a Guy Debord:
"Per la prima volta, le arti di tutte le civiltà e di tutte le epoche possono essere tutte conosciute e ammesse tutte insieme. E' una 'rassegna dei ricordi' della storia dell'arte che, divenendo possibile, è al tempo stesso la fine del mondo dell'arte" [La società dello spettacolo, 189]. La musica è nominata ma non ancora acclusa nelle pagine del libro. Zilahy ci sta lavorando, sappiamo, ma per intanto chiunque può intonarsi il rap di pagina 14/15 e gridarlo ai quattro venti: "Lo Stato decide ciò che esiste. Lo Stato può essere piccolo, appuntito, rotondo, schiacciato, sporgente, flaccido, lanuginoso [...] Stati uniti, Stati amici, Stati alleati. Lo Stato reprime, civlizza, favorisce, integra, firma patti di non aggressione. Lo Stato statalizza, imprigiona, insignisce, si arma fino ai denti, festeggia gli anniversari della propria nascita [...] Lo Stato sono io. Lo Stato è solo, vive nel terrore, sceglie gli amici [...] Segreto di Stato, Stato imprenditore, ragion di Stato, religione di Stato [...] Lo Stato è una frontiera. Lo Stato è uno Stato nello Stato. Lo Stato talvolta si frantuma in Stati più piccoli, e quando accade prova a rimetterli insieme".

Questo libro mi è piaciuto perché:

- l'autore un po' compare un po' scompare e non riesci mai a tenerlo fermo;

- mi ha rivelato la linea B  (Bruxelles-Bonn- Bécs [Vienna in ungherese]-Budapest-Bucarest-Baghdad) che mai mi era passata per la mente e spinto a trovarne delle altre, magari in G o in P;

- dice delle cose bellissime sul Montenegro e sulle Bocche di Cattaro: "Il Montenegro, paese dal nome simpatico, evoca il ricordo di sanguinose battaglie. La Storia è l'oppio dell'Europa Orientale. Fa scoppiare l'adrenalina. [...] Sono ungherese ma quando vedo il golfo di Cattaro mi viene un groppo in gola (io penso alla mia filastrocca di quando ero bambino, cérna volna, selyem volna... - se io fossi filo, sarei seta..."

- arruola la madonna di Medju Gorie nel gran bestiario balcanico-europeo;

- mi ha spinto ad interrogarmi a fondo  sulle tappe evolutive della  mia personale biopolitica: "La strada accidentata della mia maturazione sessuale è contrassegnata dalla morte dei dittatori comunisti. La prima esperienza erotica coincide con la morte di Mao Tse Tung, una bambina di nome Diana mi morsicò all'asilo. Quando morì Tito cambiai voce, e quando Breznev se ne andò io venni per la prima volta [...] Poi per molto tempo, non accadde più nulla, feci l'esperimento di portare una ragazza al cinema, ma il film era troppo bello e un crampo mi bloccò la mano. Al ginnasio gli eventi subirono un'accelerazione, dal primo bacio alla prima notte di fuoco trascorsero appena pochi mesi. Dopo Andropov anche Cernenko tirò le cuoia. E dopo qualche settimana il compagno Enver seguì il loro esempio, ma di questo è meglio non parlare. Quando Ceaucescu fu giustiziato scoprii il punto G. "

- è una sarabanda di nanostorie che Zilhay e il lettore potranno in futuro trasformare in romanzi, poemi epici, lungometraggi, dissertazioni filosofiche, cartoni animati, poemi sinfonici, fiabe per bambini, o anche solo in splendidi  libri intitolati L'ultima FinestraGiraffa.

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