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György Ligeti

 

Nel 1923 nasceva György  Ligeti. Cent'anni fa. 

Moriva nel 2006.  Gli dedicavo allora su Riforma-settimanale valdese un breve ricordo:

Ho incontrato molti anni fa la musica di György Ligeti, morto la scorsa settimana a Vienna ad 83 anni. Non si trattava di suoni ma di macchie. Era lo spartito di Volumina per organo, composto nel 1961/62. Grafismi in ebollizione, lunghe strisciate nere e non una nota come noi la conosciamo. Mi ci volle del tempo per riprendermi. Alla fine fu un amore incondizionato. Mi rendo conto che questa non è propriamente una dichiarazione di alto tenore musicologico, ma così per me è stato. E i tentativi di tradurla sulle due tastiere e la pedaliera dell’organo dovettero avere effetti dirompenti sulla spiritualità dei pochi fedeli che transitavano fra le navate della chiesa. “L’organo destò il mio interesse a causa della sua ricchezza di possibilità timbriche ancora inesplorate, ma anche, e soprattutto, a causa delle sue deficienze: la sua goffaggine, la sua rigidità e spigolosità. Questo strumento somiglia a una gigantesca protesi. Ero curioso di scoprire come si sarebbe potuto imparare a camminare di nuovo con questa protesi”. Volumina sono appunto degli spazi tradotti in musica e quasi tutta la musica di Ligeti vive di questa pulsione che è un continuo [Continuum] gioco di movimento e stasi. Senza risalire a chissà quale Motore Immobile, Ligeti dissolve melodia, armonia e ritmo in un pulviscolo che sa di nebbie di suono. L’avrebbe chiamato egli stesso micropolifonia.




Era nato in Transilvania, ebreo-romeno-ungherese. Padre e fratello sterminati in campo di concentramento nazista. Fuggito nel 1956 da Budapest schiacciata dai carri armati sovietici. In Germania e Austria scopre il Novecento d’avanguardia, senza esaurirvisi. Standoci un po’ dentro e un po’ fuori, come tutta la sua vicenda di compositore testimonia. Schivo, appartato e nello stesso tempo fortemente interessato alla comunicazione. Perfettamente consapevole che la tradizione musicale classica, la musica “classica” per l’appunto, si è dissolta. Non sa più neppure come chiamarsi: musica “colta”, musica (post) “contemporanea”, musica “d’arte” ecc.? “La mia situazione mi preoccupa. Sono alla costante ricerca di un linguaggio musicale che non sia più quello dell’avanguardia, ma che al tempo stesso non torni indietro al XIX secolo

C’è una sua composizione per coro femminile ed orchestra  del 1973 che rende bene la inesauribile e feconda tensione: Clocks and Clouds, orologi/cronometri e nubi, la metrica e la fluidità, la scansione rigorosa e i frattali. Aveva fatto scandalo con il Poemasinfonico per 100 metronomi del 1962. Ci ha incantato con i tre libri di Etudes per pianoforte che credo si possano collocare al livello di quelli di Debussy. Il primo degli studi si intitola Désordre e ci puoi trovare Frescobaldi, Schumann, Scriabin, Bill Evans, Conlon Nancarrow e la poliritmia subsahariana. Un universo che avrà molto da dire sul destino della musica e del nostro mondo. Stanley Kubrick l’aveva capito. I suoi film sono farciti di musica di Ligeti per rendere con il suono il presente che si trasforma in incerto futuro.

Un mondo aperto. Ligeti deve aver provato fastidio per questa operazione di Kubrick, che nelle  interviste non nomina mai. Che però rendeva esplicita una contraddizione del lavoro di Ligeti e non solo: come comunicare una musica che è anche pensiero, riflessione sul tempo e la storia e non solo intrattenimento e gastronomia per le orecchie? Come conciliare costruzione, forma, intelaiatura rigorosa con politiche dell’ascolto, circolazione “commerciale”?

Come nasce una composizione? E’ difficile dirlo. Lo stimolo iniziale di una mia idea musicale fu per esempio il rumore della macchina per scrivere di mio padre, che sentivo sempre da bambino. Pareva una batteria irregolare. Quel suono suscitò in me molte idee ritmiche concrete “.

Requiem [1965], caro György, che la Lux aeterna [1965]  della tua assenza ci accompagni ancora a lungo a districarci nel “piccolo bosco [“Ligeti” nella tua lingua madre] della nostra esistenza.


Queste che seguono sono le parole che la magnifica Barbara Hannigan gli ha dedicato:

György Ligeti 100!!! Celebro questo straordinario gigante musicale! Ricordo il primo giorno che ho visto una colonna sonora della sua musica. È stato come vedere l'elettricità che scende dalla pagina.

Incontrare e iniziare a lavorare con Ligeti quasi 25 anni fa, quando l'ho incontrato per la prima volta ad un festival a Gütersloh - dove Reinbert de Leeuw mi aveva portato ad esibire "Misteri del Macabro" con l'Ensemble Asko|Schönberg - è stato un grande dono per la mia vita. La sua musica mi ha cambiato, ha trasformato le mie possibilità vocali e drammatiche, mi ha dato coraggio e disciplina extra e voglia di essere un musicista migliore.

Ho avuto il grande onore di eseguire tutte le sue principali opere vocali: "Le Grand Macabre", "Aventures", "Nouvelles Aventures", "Requiem" e ovviamente "Mysteries of the Macabre", che è stata la mia porta d'accesso alla sua musica ed è diventata il mio " pezzo di festa" e alla direzione d'orchestra.

Poi, come "unico" direttore d'orchestra: "Atmosfere", "Lontano", e gli straordinari "Orologi e Nuvole". La musica di Ligeti è una ricerca costante, una forza drammatica, amorevole, gentile, arrabbiata, vibrante, potente.

Grazie signor Ligeti per tutta l'ispirazione e l'energia che ha dato alla musica, ai musicisti, al pubblico, al mondo, attraverso le sue composizioni. Un eterno bravo!

Mysteries of the Macabre

Ho avuto anche il piacere di presentare  Lei sogna a colori? libro intervista a Ligeti di Eckhard Roelcke, edizioni Alet, 2004, ormai defunte. Per l'occasione mi sono addirittura azzardato a suonare Continuum e un brano di Musica Ricercata. 



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