index librorum NON prohibitorum n. 2
SCHUMANN & BLACKS
La
figliolanza di Clara Wieck e Robert Schumann non se la passa bene. Marie, Élise,
Julie, Émile, Ludwig, Ferdinand, Eugénie e Félix fanno fatica a trovare la loro
strada, chi la perde e chi si perde. Dietro, un’ombra densa che si chiama
Clara, pianista eccelsa. Robert, lo sappiamo, vivrà alla fine in un altro mondo
oscuro.
Fanciullo
che supplica-Bittendes Kind è il brano n. 4 delle Scene Infantili. Potrebbe essere il
ritratto di gruppo, che, in un’altra epoca avrebbe potuto essere almeno Glückes
genug-Abbastanza felice, quinto brano. Non è bastata la presenza materna
dell’amico Johannes Brahms a cambiare la tonalità minore delle loro vite.
Nicolas
Cavaillès riesce ad aprire squarci inediti sull’infanzia non solo di questo
gruppo e non solo di allora e sulla durezza di una madre catturata da se stessa.
Una musica non è unicamente definita da composizione ed
esecuzione, ma anche da ascolto. Se a Berlino negli Anni Trenta
un’afroamericana cantava meravigliosamente Du bist die Ruh, lied di
Schubert o, addirittura, Erbarme dich, mein Gott dalla Passione secondo Matteo di
Bach ed Es ist vollbracht dalla Passione secondo Giovanni,
c’era da chiudere gli occhi e chiedersi cosa stesse succedendo al mondo. Dove
era andata a finire la linea del colore che separava radicalmente
bianchi da neri, come avevano tempestivamente e insistentemente spiegato Kant e Hegel? Era
andata a finire che la linea si era girata su se stessa ed era tornata
indietro: Marian Anderson cantava come una bianca. La potenza
costruttiva dell’ascolto la sbiancava, carpiva la sua negrezza e la rendeva
accettabile, perfino osannabile. Quando nel 1939 cantò al Lincoln Memorial a Washington c’erano 75.000 persone ad ascoltarla e
applaudirla e le Figlie della Rivoluzione Americana (DAR) le impedirono
invece di cantare in quanto nera nella Sala della Costituzione, sempre a
Washington D.C. Erano gli Stati Uniti trionfalmente segregazionisti che avevano
un ascolto molto produttivo.
Kira Thurman è una afrodiscendente che insegna Storia e
Lingua e Letteratura Tedesca all’Università del Michigan oltre ad essere
pianista professionista. Nel suo libro non racconta solo molte storie
interessanti, come quella di Hazel Harrison, solista afroamericana che nel 1904
interpretò a Berlino i concerti per pianoforte e orchestra di Chopin e di Grieg
con i Berliner Philharmoniker, ma anche ricostruisce le atmosfere storiche,
le pregiudiziali razziste, le egemonie culturali e le loro trasformazioni.
Chiarisce molto bene come i tedeschi, gli europei concepivano e concepiscono i
neri. Resta ancora tutt’oggi da spiegare come i tedeschi, gli europei concepiscano
se stessi.
Marian Anderson con Kosti Vehanen al Mozarteum di Vienna nell’agosto 1935. Collezione Università di Pennsylvania
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