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VAX QUI, VAX LA'

 vax qui, vax là

Non ho mai letto un libro di virologia e, se l’avessi letto, non avrei capito niente. Quindi sono nelle condizioni ottimali per dire anch’io la mia. No vax, si vax ecc.

Ho dei pregiudizi. Mi provengono da:

- mia madre è morta 25 anni fa di tetano, malattia infettiva, non contagiosa, all’età di 77 anni. Ai suoi tempi non c’era la dittatura sanitaria. C’era la dittatura e basta.

- quando a marzo 2020 c’è stata la chiusura ferrea in Italia una carissima amica di Tirana mi ha scritto: vieni qui, non c’è il virus. E’ morta a novembre, di Covid. Aveva 54 anni.

- dopo insistenti ricerche ho scoperto che un amico di Mandalay [Myanmar] è a casa col Covid. Cure zero, vaccinazioni non si sa, dire, scrivere porta dritto in carcere. La parola dittatura lì suona un po' diversa che da noi.

- un’amica, poeta di grande valore, soffre di forti dolori articolari. Forse, si dice, non si sa, potrebbe essere in conseguenza della seconda dose di Pfizer, che anch’io ho fatto, senza esiti sgradevoli.

Ho le idee confuse

Una voce [Eirene] mi dice, stai tranquillo, stai in pace. Un’altra [Narciso] mi dice: dì la tua, dai.

Mi riferisco a tre pezzi da 90 che sono intervenuti sul tema e dintorni. Come me, maschi, bianchi, acculturati, benestanti [loro].

Massimo Cacciari ho sempre faticato a leggerlo, fin dai tempi preistorici di Contropiano. Per mia inadeguatezza. D’altra parte, come ha dichiarato in una intervista del 2015, il mio primo articolo contro Lukàcs lo pubblicai a 15 anni. A quell’età, confesso, mi interessavo d’altro. 

Se non sei disposto nei suoi libri a leggere [mia parodia] l’Entsagung della ἀλήθεια è il nostro Sitz im Leben, non vai distante. Invece nell’articolo di lunedì 2 agosto su La Stampa intitolato Stato d’emergenza Quell’insulto alla Costituzione Cacciari argomenta in punta di diritto sui gravi pericoli insiti nel Decreto Legge GreenPass, e non solo. Per quanto ne so, sono d’accordo. C’è una preoccupante faciloneria a maneggiare questi attrezzi giuridico-legislativi. Soprattutto in un paese che ribolle di frustrazioni, di paure reali e fittizie, di masanielli pronti a cavalcare l’onda e a tranquillizzarci con un bel ghe pensi mi.  

E allora? Che fare, Cacciari? Ognuno per sé e il virus per tutti? Via libera come se-als ob esso virus non ci fosse e la pandemia un’invenzione spregevole? Spieghi, lei che sa, che virus non ha a che fare con virile, ma con venenum. Oppure non è un veleno, ma una costipazione qualunque come ripete ossessivamente un mio amico e con lui tanti altri? Che sta mettendo in croce, e questo non lo vedo mai nei suoi pur numerosi scritti, i guatemaltechi, i libanesi, gli indonesiani, i ghanesi e via nominando l’intero pianeta umano, maschile e femminile. In certi posti farebbero a botte per avere il green pass tanto sono convinti sivax, se il vax ce l’avessero. Che fare, Cacciari?

Giorgio Agamben. Ho dedicato molto tempo a diversi suoi libri in passato. Mi scappava di dire troppo tempo, ma non sarebbe giusto. Ho imparato e anche ragionato, nei limiti delle mie capacità. Poi ad un certo punto mi sono perso. Le sue diramazioni intellettuali andavano in luoghi del pensiero che erano tutta una danza macabra. Il taccuino che tiene sul sito dell’editrice quodlibet ne è lampante testimonianza. Lì rimando.

L’articolo che ha scritto su La Stampa del 30 luglio mi fa paura. Evoca la Grande Trasformazione e condanna l’implacabile terrore sanitario - così scrive- che dominerebbe ormai l’Italia. 

Sui paragoni di qualsiasi tipo con lo sterminio nazifascista è meglio tacere. Riesco però a stupirmi quando leggo: è importante innanzitutto chiarire che il problema per me non è il vaccino, così come nei miei precedenti interventi non era la pandemia … Eppure sono sicuro di aver letto in uno dei suoi Taccuini già citati [26 febbraio 2020] intitolato disinvoltamente L’invenzione di una epidemia [dice epidemia e non pandemia]: …una supposta epidemia…la sproporzione di fronte a quella che secondo il CNR è una normale influenza, non molto dissimile da quelle ogni anno ricorrenti, salta agli occhi.

Sogno o son desto? Agamben, il cui pensiero è da decenni radicato sulla formula: la fede nella scienza è la nuova religione dell’oggi, quando gli viene bene ne diventa un pio seguace e In Nome della Scienza [CNR] profetizza e predica che l’epidemia è una supposizione strampalata perché, cari figliuoli, è una normale influenza ecc.  e corrobora il sermone nientepopodimeno che con l’autorità del CNR, Centro Nazionale delle Ricerche, la sede più istituzionale della scienza istituzionale. Da accorto catechista evita però di riportare la conclusione del comunicato CNR: Il quadro potrebbe cambiare ovviamente nei prossimi giorni, come in effetti è tragicamente successo. Ma le fedi religiose non brillano per elasticità.

Sulla Grande Trasformazione, cioè il passaggio allo stato di eccezione permanente  posso solo enunciare banalità. Secondo me è da mo’ che siamo in quello stato lì, cioè dalla Guerra Fredda. In nome della paura del contagio del virus comunista, dell’URSS e, reciprocamente, dell’Occidente, del capitalismo borghese, si sono fatte guerre, invasioni, occupazioni, deposto autorità legittime, eretto muri…scomunicato popoli, ridotto libertà di parola, sindacali …costruito strategie della tensione, società segrete, corpi militari clandestini…spedito gente in carcere... Vogliamo allora continuare così? mi risponderebbe Agamben. Lungi da me, ma il Corona virus non lo posso corrompere con ricche mazzette come un banale segretario di partito, non posso bombardarlo a tappeto come la capitale di una nazione, neppure arrestarlo né occuparlo con le truppe o infiltrarlo di spie, provocatori e femmes fatales.  Sarebbe bello, come scrive Agamben in un suo libro rilevante, Lasciar essere l’animale significherà allora: lasciarlo essere fuori dell’essere. Purtroppo, dico io, il virus animale non è, anche se sa animarsi, e lasciarlo fuori dell’essere non è così facile come imporre un embargo.

Il terzo e ultimo, poi vado a dormire, sta dall’altra parte della barricata:

Piergiorgio Odifreddi.   Qui mi trovo molto a disagio [di suo ho letto solo Il diavolo in cattedra. La logica da Aristotele a Gödel, 2003. Lo consiglio]. Non so se sia intervenuto su vax e dintorni. Su Domani del 23 luglio ha scritto un articolo sulla legge Zan dove in modo spigliato contrappone le “scienze” sociali [scienze tra virgolette] e quelle naturali. Le prime non hanno accesso all’oggettività, le altre sì [oggettività senza virgolette]. Sul tema in questione non si possono avere dubbi: i generi sono due, il resto sono chiacchiere postmoderne.  Oso l’inosabile, suggerisco a chi partisse da queste convinzioni la lettura di Sex/Gender.  Biology in a Social World di Anne Fausto-Sterling, biologa emerita alla Brown University.

Su La Stampa del 1 agosto Odifreddi scrive di Cacciari e Calasso con lo stesso slancio imbracciando il machete: se parla di René Guenon o Elémire Zolla li chiama ciarlatani, Nietzsche sta tutto nella pillola del “detto memorabile”: Non ci sono fatti, solo interpretazioni, gli scienziati  pubblicati da Adelphi sono in libera uscita [suppongo voglia dire fuori di testa], esprimono una scienza, mamma mia, orientaleggiante e così via. Carlo Rovelli gli è rimasto nella tastiera.

Ha delle buone ragioni Odifreddi, ma non è questo il punto. Importa invece il metodo, scientificamente derivato dal Marchese del Grillo: io sono io e voi non siete un cazzo. Dogma che ha ormai infettato il Belpaese. Non vedo vaccino.

 

 

 

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