FESTIVAL(S)
E’ tempo di celebrazione solenne dei festival di cultura. Sconfinati,
dopo il confinamento.
Io, che ambisco ad essere riconosciuto in futuro come il noto festivalologo, elargisco urbi et
orbi le mie ponderate considerazioni.
Parto dal festival sottocasa, Torino Spiritualità, tema: Respiro,
cui partecipano filosofi e filosofe,
teologi, attori/attrici, pittori, l’homo radix, monaci di varia mistica,
storici dell’arte, antropologi, un vescovo ecc. Si affrontano diversi temi
molto impegnativi come Respirare il nome di
Dio, Di ampio respiro, L’arte apre il respiro ecc.
Ho apprezzato la finezza con cui gli organizzatori hanno
accuratamente evitato di chinarsi su argomenti
di bassa cronaca, come la voce sempre
più flebile di George Floyd che ripete I
can’t breathe - non riesco a
respirare, e spira. Per fortuna
abbiamo potuto invece assistere al dialogo piucché platonico Respiro dunque sono tra uno psicanalista
e un filosofo, nella speranza, al prossimo Festival del Rigurgito, di poter
presenziare al dialogo Non respiro,
dunque non sono.
Ma il dato più preoccupante e disatteso è l’economia dello sfinimento generata
spietatamente dalla ubiqua Macchina dei festival.
Prendi, per dire, il
più grande copista nel Novecento, Umberto
Galimberti, o Enzo Bianchi, monaco di grido, e tanti altri che, oltre alle loro
gravose incombenze di uomini (qualche donna) di cultura, non possono
permettersi di perderne uno, di festival.
Fossero Sagre, dove si mangia, beve e balla, ma lì si parla e
riparla.
Prendi Massimo Recalcati, psicanalista di gran
nomea, tiene famiglia, insegna in due o tre università.
Solo quest’anno ha già pubblicato quattro libri ed è
in uscita il quinto,
scritto settimanalmente due o tre succosi articoli su La Repubblica e su La Stampa,
vergato saggi impegnativi su riviste filosofiche,
stilato prefazioni e introduzioni,
diretto curatele di libri, riviste e collane
editoriali,
tenuto conferenze da remoto e un importante programma
su RAITRE,
guidato giornate di studio,
presentato libri,
pubblicato in video interventi, lezioni e interviste,
diretto IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi
Applicata),
partecipato, ovviamente, alle sedute con i suoi
pazienti e alla direzione scientifica di alcuni convegni e gruppi di lavoro,
intervenuto con lectio
magistralis al festival Pordenonelegge, a Parole ubikate in mare di Albissola, a Spiritualità, Torino, al KUMfestival,
da lui diretto, ad Ancona, al Festival
della Bellezza, Verona, ricevuto il premio I fiori blu a Foggia, all'Insiemefestival
a Roma, al festival di Repubblica
a Bologna, al Festival di filosofia
di Modena dove ha sostenuto che Tante
intimità sono alienanti, la distanza è il segreto dell’amore e che io,
seguace di Massimo Catalano, originale
pensatore novecentesco, sintetizzo per i non addetti in: Meglio stare a relativa distanza, che pestarsi i piedi.
Ce la faranno i Nostri Opinionisti di Rango a non sfinirsi nel feroce macchinario della presenza, nel godimento/jouissance degli straordinari, nel non plus ultra del non plus ultra della prestazione?
Mi appello alle Organizzazioni Umanitarie affinché si prestino generosamente al loro (e nostro?) salvataggio.
Siamo ormai talmente abituati alla
ripetizione e al riciclaggio di elementi
preesistenti da non farci nemmeno più caso. Eppure non sorprende che sia
così. La produzione di nuova cultura richiede un utilizzo del tempo nei
confronti del quale il capitalismo comunicativo manifesta profonda ostilità.
La maggior parte dell’energia sociale è risucchiata nel vortice del lavoro
tardocapitalista e nella sua grandiosa simulazione di produttività.
Le urgenze cyberspaziali (la lucina rossa che lampeggia sullo
smartphone, il richiamo da sirena delle notifiche) funzionano come inibitori
della trance, o come orologi che continuano a risvegliarci da un sogno
collettivo. In tali condizioni il lavoro intellettuale può essere svolto solo a
breve termine. Soltanto i carcerati hanno tempo per leggere, e se desiderate intraprendere
un progetto di ricerca ventennale finanziato dallo stato dovrete ammazzare
qualcuno.
Mark
Fisher,
Guerre del tempo. Verso un’alternativa
all’era neocapitalista, in Il nostro desiderio è senza nome. Scritti
politici. K-punk. Minimum Fax, 2020
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