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Maurizio Gullotta  è stato ucciso in un mercatino torinese da una coltellata di Kahlid Be Greata, 27 anni, originario della Nigeria. La reazione della famiglia è questa.

Non so se sarei stato capace di tanto. C’è speranza se esistono Gullotta al mondo. Grazie ragazzi e grazie Carmela.


La Stampa, martedì 17 ottobre 2017


Maurizio Gullotta insieme ai tre figli e alla moglie Carmela

«Non vogliamo e non possiamo accettare che il nostro dolore diventi lo strumento per creare altro dolore». I figli di Maurizio Gugliotta rompono il muro di silenzio che ieri aveva avvolto la casa nel centro di Settimo. Lo fanno per ringraziare quanti in queste ore gli sono stati vicini e hanno espresso messaggi di cordoglio. Ma anche per ribadire un messaggio: loro non ci stanno all’idea che la morte del padre possa diventare il simbolo di una battaglia politica.  

La loro sofferenza, «un dolore che toglie il fiato» è e deve restare un fatto privato. «Questa vicenda, la nostra sofferenza non vogliamo in nessun modo che diventino la bandiera di qualcuno per andare sui giornali a predicare odio e razzismo». 
Daniele ha 27 anni, Alessio 20, Alessandro è appena maggiorenne. È stata una parente, ieri mattina, a chiamarli per chiedere cosa fosse successo a Maurizio. Dall’altra parte del telefono c’era il fratello maggiore. Era convinto che il papà fosse ancora a letto a dormire. Non era così. Ha trovato la notizia dell’omicidio di via Carcano scorrendo le pagine dei social network, ha chiamato la polizia municipale di Torino pochi minuti prima che i carabinieri di Settimo suonassero al campanello di casa per avvisarli della tragedia che si era consumata poche ore prima.  


«Stiamo ricevendo decine e decine di telefonate di affetto e condoglianze da persone diverse che ci hanno aiutato nel provare a sopportare un dolore immenso per la nostra famiglia», scrivono questi ragazzi, stretti attorno alla madre Carmela, malata e disperata. Aggiungono: «Abbiamo anche ricevuto, però, da parte di alcuni esponenti politici tentativi di entrare nel nostro dolore, per strumentalizzare una vicenda tragica in una battaglia politica». Anche il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, e l’europarlamentare Mario Borghezio hanno cercato di mettersi in contatto con la famiglia Gugliotta. Niente da fare.  
Perché oltre la violenza, oltre quel dolore devastante, resta un filo sottile che lega la loro storia a quella di Khadil, il ventisettenne nigeriano - venditore abusivo al suk ma regolare in Italia - arrestato ieri mattina e accusato di omicidio e di tentato omicidio. «Anche noi siamo immigrati». Maurizio Gugliotta era originario di Francavilla Angitola, nel Vibonese. Qui ha conosciuto e ha sposato Carmela. Poi, nella primavera dell’88, la decisione di trasferirsi a Torino. Il lavoro nella vetreria di Settimo è proseguito fino a tre anni fa. Poi sono arrivati la disoccupazione e quel dolore alle mani sempre più intenso, che lo avevano reso invalido. Maurizio tornava spesso in Calabria, a fare visita ai fratelli e all’anziana madre.  

«Le responsabilità sono sempre individuali e mai collettive» scrivono ancora i figli di Maurizio. Nessuna generalizzazione, nessuna spalla a un Salvini che l’altra mattina, dalla sua pagina Facebook commentava così l’omicidio tra i banchi del mercato del libero scambio: «Buona domenica... Altro sangue sulla coscienza, sporca, dei buonisti pro-invasione». E se proprio questo episodio diventerà lo spunto per cambiare le regole del Barattolo, e magari non soltanto a cambiargli sede per l’ennesima volta, associazioni e politici coinvolti dovranno farlo senza di loro. 

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