memoria di
MARIO POLASTRO
Parlare di
qualcuno che ci ha preceduto nella morte si traduce quasi sempre nel parlare di
se stessi e io non faccio eccezione.
Però di don
Mario vorrei almeno ricordare due momenti, dei molti che hanno radicato la
nostra amicizia.
Il primo risale a tantissimi anni fa, quando Mario era studente di teologia a Venegono. Ci
scambiavamo libri di teologi che si chiamavano Jürgen Moltmann, Edward
Schillebeeckx, e José María González Ruiz, canonico di Malaga, che riuscimmo a far
venire a Pinerolo. Aveva appena scritto Il
Cristianesimo non è un umanesimo che meriterebbe una rilettura anche oggi.
Diceva La Chiesa che non si fa merda, è
una merda di Chiesa e credo che Mario sia stato sempre fedele a questa
ecclesiologia “immonda”.
L’altro rimanda
a poco più di un anno fa, prima che l’aggravarsi della malattia lo
piegasse. Andavo a trovarlo suppergiù
ogni venti giorni e portavo dei CD. Si ascoltava assieme Bach, Mozart e,
soprattutto, si provava a muovere braccia e gambe al ritmo della musica. Una
specie di danza povera in cui ognuno di noi trovava la sua ragione. Perché non Veni Creator Spiritus o il
Magnificat? mi propose ad un certo
punto. Detto fatto. Questa è l’immagine che vorrei lasciare a chi l’ha
conosciuto: don Mario che canta con voce flebile Magnificat anima mea Dominum et exultavit spiritus meus e balla
sulla melodia gregoriana.
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