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ho pubblicato questa recensione su Alias, supplemento de Il Manifesto, di domenica 26 gennaio 2014
KYUNG-SOOK SHIN
Se hai sedici anni la parola Corea  ti rimanda al Gangnam Style del rapper Psy e al relativo video su YouTube, visionato da più di un miliardo di persone.  Se stai all’altra estremità di quel segmento chiamato vita, la medesima parola ti ricorda nebulosamente una guerra in cui c’entravano anche americani e cinesi. Nel mezzo ci stanno automobili di un certo prestigio, tecnologia elettronica e informatica di alto livello e alcuni film speciali. Potrebbe bastare, se da una decina d’anni non  succedesse che in Europa ai primi posti in classifica nei concorsi di musica classica, sia strumentale sia vocale, non si collocassero giovanissimi artisti, soprattutto artiste, provenienti dalla Corea. Due registi belgi hanno dedicato a questo fenomeno un docufilm dal titolo Il mistero musicale coreano. Forse qualcuno dovrà fra non molto girarne un altro intitolato  Il mistero letterario coreano. Non solo per rendere l’importanza che la letteratura, soprattutto la poesia, hanno in quel paese, ma per documentarne la diffusione e il successo in tutto il mondo.

Kyung-sook Shin è nata nel 1963. Il suo romanzo Prenditi cura di lei, prontamente tradotto dall’editore Neri Pozza nel 2011,  ha scalato anch’esso molte classifiche internazionali. Park So-nyo, una donna di 69 anni, si perde, prima nella mente e poi per strada. Se ne accorgono i figli e il marito che l’avevano sempre considerata  una presenza scontata e inavvertita e ora, disorientati, la cercano. Ognuno racconta di se stesso e di lei e la polifonia si chiude con le parole della madre che ripercorre il filo delle esistenze. Kyung-sook Shin non racconta tanto il presumibile Alzheimer di Park So-nyo, quando l’Alzheimer sociale che per anni ha impedito a questa rete di familiari di riconoscerne la forza creatrice e il loro debito.
E’ la stessa architettura  che ritroviamo nel secondo romanzo tradotto in italiano Io ci sarò [Sellerio editore, traduzione di Benedetta Merlini, uscito a Seoul nel 2010]: voci narrative diverse tornato sui medesimi eventi di un comune passato e li rappresentano secondo scansioni personali. Un rumore di fondo accompagna le vite dei protagonisti: le agitazioni studentesche e le dure repressioni poliziesche degli Anni Ottanta in una Corea del Sud in profonda trasformazione. La mano di Kyung-sook Shin qui si è fatta più delicata. E’ il senso da assegnare all’amicizia e all’amore a costituire l’equipaggiamento che fa camminare il romanzo. Perdite, premure, allontanamenti, ritorni, negazioni,   in un susseguirsi di memorie e di futuro che prendono per mano il lettore e lo rendono compagno di strada dei quattro giovani protagonisti, in particolare di Jeong Yun, la ragazza che sta al centro del poliedro. Anche nei momenti di grande dolenza la scrittura non è invasiva, accecante, ma ha la cadenza di un  invitante chiaroscuro. Myeong-seo è il ragazzo pensoso con la macchina fotografica, Yun Miru ha le mani ustionate e veste sempre la stessa gonna, Dan ha la fobia dei ragni, ma poi gli passerà, la gatta sorda si chiama Emily Dickinson, il professor Yun è una forza tenue  che li  irradia e la cui imminente morte è la ragione del cercarsi e del ritrovarsi, per chi è rimasto.
Io ci sarò è una global novel? Pensata per la traduzione e l’universo mondo? Ha incorporato nel testo  il futuro film che ne verrà tratto? Vorrei saper dare una risposta drastica, mi aiuterebbero i copiosi riferimenti alla cultura europea [Rilke, Van Gogh, Rimbaud, Kafka, Beethoven, R. Rolland, Stendhal, F. Lloyd Wright…],  le improbabili spiegazioni per il lettore locale  [gayageum, arpa a dodici corde; jjinppang, le focacce ripiene di pasta di fagioli rossi…] e  una certa trasportabilità geografica delle vicende [disorientamento generazionale in una società in rapida modernizzazione]. Indizi, ma solo indizi. Non c’è invece nessuna  “atmosfera”, non  c’è compiacente sguardo esotico, non codice predisposto allo stile internazionale e al mercato mondiale delle lettere. La ritmica di scrittura è anzi sdoppiata, ciò che leggi sta scritto su un fitto taccuino o in una lunga lettera, l’incrocio delle memorie non è una trovata letteraria, ma un’orchestrazione sapiente della presa di parola  dei protagonisti e delle protagoniste, l’accesso ai sentimenti e ai pensieri che Kyung-sook Shin sa costruire ti porta a toccarla la nuda vita, questa sì umanamente universale.
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qui https://www.youtube.com/watch?v=G0QzoMaigEI un'intervista a Kyung-sook Shin sulla letteratura coreana contemporanea
sono stati tradotti in italiano diversi romanzi di scrittrici coreane:
Gong Ji-young, Le nostre ore felici e  Come una sorella, edizioni Baldini Castoldi Dalai,   Una dolce voluttà di Jo Kyung Ran, edito da Piemme,  Gente di Wŏnmidong di Yang Gui-ja,  La stanza di mia moglie di Eun Hee Kyung, entrambi editi da CafoscarinaCantico di frontiera di Han Malsuk, uscito per ObarraO. Quest'ultima ha pubblicato anche alcuni testi della letteratura classica coreana:. 

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