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Sandro Sarti

memoria di 
SANDRO SARTI

 
era nato a Torino  nel 1923 e concluse il liceo a Roma. Dopo aver partecipato alla Resistenza nella banda partigiana Giustizia e Libertà in val Pellice, fece dei lunghi soggiorni negli Stati Uniti frequentando facoltà di teologia.
Fu tra i costruttori ed animatori del Centro Internazionale di Agape, in Piemonte. Promotore di diverse iniziative politiche, tra cui va ricordato il comitato internazionale di solidarietà con il Vietnam, 1965/66, e il Bollettino di controinformazione.
Gestì un'osteria sul greto del torrente Stura vicino a Caselle [Torino], luogo di discussioni, confronti e proposte.
E' morto venti anni fa, nel 1993.
Il fascino della sua irregolarità, della sua sensibilità politica rigorosa e preveggente, ne hanno fatto una persona preziosissima per molti.
Allora lo ricordai con questa lettera:
 
caro Sandro,
 
è arrivato il momento che noi, tuoi amici per variopinti destini, ci mettiamo insieme per dare il via a quella festa che, accennata qualche volta, è poi finita nel dimenticatoio perché siamo troppo P3, pudichi, pigri, postumi, o anche solo piciu, nel senso che siamo solitamente bravi a celebrare i morti e scadenti a riconoscere i vivi.
Sarà la Grande Festa per Sandro Sarti, dove - perepé, perepé - ognuno di noi, tra una barbera e l'altra, racconterà il Sandro Sarti della sua vita.
La traccia del mio brindisi è questa, cominciando dal fondo: da quando, saputo della morte di mio fratello, ti sbriciolavi il cuore facendo quattro piani di corsa e mi dicevi che lui "non aveva le palpebre". Ecco, come tante altre volte io non capivo al volo i tuoi squarci linguistici. Volevi dire che il mio fratellino era costretto a vedere il male del mondo senza mai potere, per un attimo, battere ciglio.
So che arriccerai naso e occhiali alla festa sandrosartica, perché dovrai - per regolamento - solo ascoltare, anche le più spudorate retoriche dell'amicizia. Come la mia, di uno affascinato perfino dalla tua eleganza postcalvinista, i colori della camicia con il disegno della giacca, anche se tutte e due di risulta, o dalla sigaretta accartocciata con una mano sola o dal tuo camminare scalzo per le strade di Torino.
Così fin dall'inizio, giacca di velluto e trinciato forte, quando scendevi da Agape a Pinerolo, 1966, perché avevi in mente una mostra documentaria su una guerra in un paese lontano, il Viet-Nam; io ero parte della nomenklatura cattolica, tu lasciavi che ti chiamassero "pastore valdese", gli altri erano comunisti doc. Poi questa inquietante mostra pinerolese sarebbe diventata la torinese marcia silenziosa per via Roma, il "comitato torinese di iniziativa città europee per il Viet-Nam" e quel completo di tweed comprato per pochi soldi al Balon per andare a Lione. Altri celebreranno gli allori di Palazzo Campana, del "Comunicazioni Rivoluzionarie" - un ciclostile in mezzo e la tua branda in un angolo -, la radio transoceanica per captare radio Hanoi prima della Stampa, le Pantere Nere, i soldati americani contro la guerra, che mi spedisti a conoscere a New York per capire meglio.





























Poi la brutta piega della politica. Organizzazione! Organizzazione! E i transfughi pistoleri. Tu opponevi subito, un po' compatito dai compagni graduati, la vita e il pensiero di quelli che stanno seduti a tavola: la piola di Stura, detta unanimamente la "Piola di Sandro". Anni di fatiche e di innesti umani. Anche l'ultimo venuto riceveva da te lo stesso buon vino del sumà dei vecchi tempi, come il vignaiolo della parabola (Matteo 20, 1-16). Se ne andava solo chi non voleva confrontare con te il proprio discorso sugli uomini e sul mondo. La morte di un amico ti avrebbe reso di nuovo randagio.
"Dov'è finito Sandro Sarti?" ci interrogavamo ogni tanto, presi più che altro dalla nostra stanchezza e da certe riacquistate comodità. La tua ricomparsa, chi non lo sapeva?, avrebbe annunciato profeticamente la ripresa di qualche movimento nelle teste dei refrattari, il rimettersi in moto di qualche opposizione non formale. Il tuo era un infallibile auditel interiore.
"Pronto? Sono Sandro" "Sandro chi?" "Sandro! Bisogna muoversi sui palestinesi. Sto in Toscana. Presto vengo a Torino. Aspettami". 5 aprile 1988. Sei o sette anni dall'ultima volta e tu riprendevi tale e quale. A Porta Susa scendevi con un bellissimo gilé nero e i tuoi averi in una borsa di plastica dell'Upim. Per me sarebbero poi stati due mesi un po' scomodi a casa mia costretto a capire che la storia non era finita, nonostante le perestroiche, che c'era ancora sempre una possibilità di farcela, volendo, che te non ti aveva addomesticato proprio nessuno.
Volavi davanti a noi a scovare il doppio fondo delle cose, l'altra verità da snidare con le meningi, lo stupore, l'ironia. Mobilitavi Pinerolo e Valli per rispedirmi a Gerusalemme a vedere con la tua ansia i tempi della pace a venire che tu, da autentico filosofo orale, avresti poi scavato, raccontato, trasformato in ragione e speranza.
Questo e altro io strombetterò a quella Sartifest dove te ne starai zitto a beccarti tutto l'accumulo di riconoscenza che non ti abbiamo mai detto in questi anni di fraternità.


 
Qui    
altre testimonianze, raccolte dalla rivista Gioventù evangelica, aprile,1993, 
introdotte da Francesca Spano a quel tempo direttora del mensile e anche lei  irrequieta presenza nella nostra memoria.

 
 
 

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