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Max Brod
di Claudio Canal
da "Il Manifesto" 18 agosto 2005




La notte del 14 marzo 1939 Max Brod, praghese, ebreo-tedesco, riesce a salire sull'ultimo treno in uscita dal paese poche ore prima che le frontiere vengano chiuse dagli occupanti tedeschi. Il fratello non è così fortunato e si perderà ad Auschwitz insieme alla moglie. La giovane figlia Marianna a Bergen Belsen.
Kafka a destra, con Ernst Weiss
Un tocco del destino sui cui si potrebbero imbastire narrazioni intitolate La partenza, Il colpo al portone, Un eroismo quotidiano o, addirittura, Il silenzio delle Sirene, se non appartenessero già a prose di Franz Kafka. Nel canone occidentale Franz e Max stanno rigorosamente assieme, non tanto per la loro ventennale amicizia, quanto per la benedetta disobbedienza di Brod che se ne infischia delle disposizioni testamentarie e pubblica gli scritti dell'amico invece di bruciarli.
Tutto questo ci è noto. Senza Max Brod non avremmo Franz Kafka. "mi vedo dinanzi il giovane Franz Kafka, ridacchiante, allegro, spavaldo, e tutta la nostra meravigliosa, intima amicizia, durata ininterrottamente per più di vent'anni, fino alla sua triste fine, ma senza mai una delusione da uomo a uomo" Fino alla morte, avvenuta a Tel Aviv nel 1968, Max Brod è sempre stato consapevole di aver regalato qualcosa di inarrivabile all'umanità e, nello stesso tempo, non può nascondersi che la sua collocazione è dietro all'amico e non accanto. I suoi venti e più romanzi non hanno alcuna parentela con la grandezza di Kafka, ancora meno le sue poesie. Max Brod è una nota a margine nella storia letteraria d'Europa.  Questa è la vulgata.
Vita battagliera è la dimostrazione che si può essere al di qua di qualsiasi idea di scrittura, di non averne in nessun modo il talento, ed essere ugualmente il centro, il fulcro, anzi, di una intensissima e straordinaria rete di vocazioni letterarie, musicali, artistiche. Non c'è l'indice dei nomi in questo libro. Per fortuna, ché altrimenti occuperebbe troppe pagine.                                                            
Leóš Janáček

Brod, brodeln, gorgogliare. Come un big bang che sta per avvenire. Brod sa prepararne le condizioni. Lo può fare perché la sua strepitosa energia gli consente un giorno di suonare Mozart insieme ad Albert Einstein che a Praga tiene lezioni su argomenti un po' astrusi e inquietanti, il giorno dopo andare a prendere Franz Kafka che esce dal corso di giardinaggio che segue premuroso. Oppure scambiare lettere innumerevoli con un musicista di provincia di cui l'Europa non ha sentore e di cui Brod traduce coraggiosamente in tedesco i libretti delle opere. Senza Brod oggi non saremmo così entusiasti della grandezza della musica di Leoš Janácek. "Il dottor Max Brod. Venne al momento giusto come un messaggero celeste" scrive il musicista nelle sue note autobiografiche.  Tanto meno avremmo accolto sulla scena letteraria europea una figura come Il buon soldato Švejk, se Brod non lo avesse riconosciuto, tradotto e audacemente giudicato all'altezza di Rabelais e di Cervantes. "…intorno al 'buon soldato Švejk' aleggia quel tanto di ambiguo, di recondito, di misto che distingue tutti gli immortali personaggi della letteratura mondiale". Scritto da Brod in un momento in cui la cultura boema considerava Jaroslav Hašek Leóš Janáček sottoprodotti di una cultura di serie B.



Jaroslav Hašek
La disposizione critica di Brod non è fulminante, ma in certi casi un vero scandaglio. Non ci impiega molto a dimostrare l'antisemitismo e il militarismo dell'autore di Gli ultimi giorni dell'umanità, Karl Kraus, così come gli riesce in poche battute delineare una condizione dello spirito: "La guerra [la Prima Guerra  Mondiale], per noi, stava sullo stesso piano di altri ormai semidimenticati sogni dell'umanità, come a dire il perpetuum mobile, l'elisir di lunga vita o la pietra filosofale degli alchimisti. La guerra, al più, era possibile alla periferia del mondo civile, in qualche arretrato paese balcanico, nelle colonie. Ma tra popoli altamente civili, pacifici e lavoratori faceva l'effetto di un'utopistica assurdità".
Brod è un ponte le cui acque gorgogliano in continuazione. La città lo permette. Praga all'epoca è un crocevia di chiaroveggenze, di vite che abitano il futuro e Brod ne annoda le convergenze, a volta gli attriti. Non si lascia sopraffare dagli incipienti nazionalismi che vorrebbero i tedeschi da una parte, gli slavi dall'altra e gli ebrei non si sa dove. Se fai da ponte ti passano sopra e così è stato il destino di Max Brod. Nessuno è più disposto a leggere i suoi romanzi, i suoi saggi filosofici, le sue opere teatrali, ad ascoltare le sue più che pregevoli musiche. Ma se si vuole accedere ad una Europa di anime non squadrate, gorgoglianti e vive, questa autobiografia del nostro immaginario migliore, ha da essere riedita.




Max Brod VITA BATTAGLIERA - Autobiografia
Il Saggiatore, Milano, 1967










Su youtube una esecuzione di Paradies tratta dal CD qui indicato:         

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