NATO IN URSS
scheda pubblicata sul fascicolo di maggio 2011 de
Sei cresciuto in uno spazio che all’improvviso crolla, non per terremoto né per rivoluzione, ma per afflosciamento. Scompaiono gli oggetti di tutti i giorni, svaniscono i modi di dire, gesti inveterati non hanno più senso. Perfino pensieri familiari diventano estranei, come non fossero più tuoi. Inaspettatamente tutto è stagionato e sfiorito.
Non trascorre molto tempo che questo mondo sorpassato ed estinto poco alla volta riappare nella forma di un confuso sentimento di rimpianto. E’ successo ai tedeschi della ex Germania Est, che gli hanno anche assegnato un nome: Ostalgie, succede in quasi tutte le società ex socialiste, chi più chi meno.
“Ogni tanto mi capita ancora di voler comprare un biglietto per andare in URSS, ma ogni volta devo ricordarmi che un oggetto del genere non si trova più in vendita. Non ci sono più treni, né aerei, né strade che portano in URSS, per il semplice fatto che l’Unione Sovietica non esiste più. L’unico mezzo per visitare il mio Paese è la memoria” scrive Vasile Ernu, scrittore di lingua romena, nato nel 1971 in una Repubblica Socialista Sovietica, la Moldavia, attualmente residente e operante in Romania.
Nato in URSS è il titolo del suo libro. Nato in una assenza che può essere rimpolpata solo dal ricordo o da qualche gadget interiore rimesso a nuovo, magari frasi sparse di un film di successo: “Abbasso i pregiudizi! Anche le donne sono uomini!” oppure ”Quanto costa l’oppio per il popolo?” .
La “dittatura del proletariato”, si proclamava. L’unico caso in cui funzionò veramente fu nella radicale opposizione al tentativo di Michail Sergeevič Gorbaciov di impiantare la società della Sobrietà, vietando la vendita degli alcolici: ”I primi a scomparire furono i superalcolici, poi i più leggeri, infine rimasero solo le bevande non alcoliche, che non avrebbero potuto in alcun modo portare avanti la lotta popolare per la costruzione del comunismo e per la pace”.
Il registro di scrittura di Vasile Ernu è questo, un cocktail di ironia, nostalghia, pensiero in ebollizione. Se l’avesse scritto un anglosassone sarebbe un testo catalogato tra i Cultural Studies, intreccio di indizi e di concetti sistemici, dottamente dibattuto da riviste alla moda. Anche da riviste di moda e di design perché non solo Ernu pensa in “sovietico”, ma ci presenta l’oggettistica sovietica che ha fasciato la sua esistenza giovanile. Dai bramati džinsky o jeans ai più svariati oggetti della vita che “…divennero anch’essi compagni di viaggio dei cittadini sovietici. Erano i nostri compagni, non la nostra merce, nossignori”.
La sua è un’antropologia paradossalmente piena di realismo socialista in cui non è facile distinguere le piccole e grandi mitologie d’epoca. E’ invece facile riconoscere nella sua impresa narrativa una autorevolezza che gli deriva non solo dallo sguardo partecipe - biografia commossa di un’epoca conclusa - , ma dal disincanto di trovarsi oggi in un mondo diverso e uguale a quello che si è sfinito alle sua spalle: “Se il mondo in cui siamo vissuti era centrato sulla repressione politica, quello di oggi si basa sulla repressione economica…Entrambe ci controllano e ci riducono in sudditanza…E questo lo dico non da sostenitore dell’uno o dell’altro sistema, ma da cinico che cerca di mantenere lucido il proprio pensiero”. Insomma, Lenin è morto e sepolto, ma in quello che non ha fatto c’è una possibilità che oggi potrebbe ispirarci e spingerci.
Vasile Ernu
Nato in URSS
Traduzione dal romeno di Anita N. Bernacchia
Hacca, Matelica [Macerata], 2010, pag, 323
€ 14,00
Edizione originale:
Născut in URSS
Editura Polirom
Bucarest,
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