Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da settembre, 2018

FESTIVALONI

FESTIVALONI Settembre, andiamo. È tempo di pontificare. Parlo di me, che in questo mese mi sento di nuovo in vena di dire la mia sull’orgia di festival culturali che incombe sull’Italia.  Ogni tot anni faccio il mio bravo intervento. Nell’ultimo [2015] avevo compilato uno stralunato elenco dei festival(s) fioriti nel Belpaese [da aggiornare] e mi ero chiesto se c’era un rapporto tra lo strepitoso successo di massa e l’impietoso calo generalizzato della lettura dei libri.  Poi facevo la mia modesta proposta , che ribadisco qui, tale e quale. Questa volta mi chiedo anche quale sia il velenoso rapporto tra la bellezza, il dialogo, la verità, la convivenza, la spiritualità ecc. decantati nelle piazze e nei teatri e il precipitare nel fanatismo, intolleranza, razzismo, vandalismo ecc. che abbiamo sotto gli occhi.  Due Italie? Una sola dalle molte facce? Una che si alimenta dell’altra? Società dello spettacolo?

UN BAR SENZA BARBARIE

       UN BAR SENZA BARBARIE Lo scorso 28 agosto   sono stato in un bar di Ventimiglia. Vicino alla stazione.  Si chiama Hobbit , di tolkeniana memoria.  Niente di speciale, un po’ dimesso.  Vi approdano giovani esistenze africane, per un caffè, un panino, una chiacchiera, una toilette, una richiesta di informazioni. Anche niente. Gli basta star lì a girovagare con la mente, in attesa di passare in Francia. Cioè mai.  Delia, la proprietaria serve il caffè e serve le parole.  L’Europa, la Francia, l’Italia con la bava alla bocca non sanno che esiste Delia e il suo bar. Quelli che lo sanno l’hanno messa in quarantena. Qualcuno, più coraggioso, le sputa addosso. Per questo, chi passa da quelle parti, vada a prendere un panino e una birra. Un panino non slowfood, una birra non artigianale.  Chi non passa da quelle parti ci vada apposta. Farà felice se stesso. La Repubblica, 12 settembre 2018:   Ventimiglia, minacce e insulti alla barista che ser

NESSUN ALTROVE

                                          pubblicato il 2 settembre 2018 Nessun altrove Dove sono finiti i Rohingya ? Sono andati anche loro in vacanza? In quale oscurità sono (ri)precipitati? Neppure un anno fa ce li servivano a pranzo e a cena. Un moto di indignazione non glielo negavamo. Poveri, abbastanza neri, prolifici, musulmani, ma molto distanti.  Era il loro unico pregio, oltre a quello di consentirci di parlar male di una ex immacolata esaltazione come Aung San Suu Kyi , caduta in disgrazia nei nostri teneri cuori che adesso le strappano di dosso le medaglie che generosamente le avevamo conferito.    Nessun video afflitto inquadra più questa popolazione indefinibile se non per via delle sciagure incomprensibili che patisce e la sua maestosa impotenza. Se Aung San non fosse stato ucciso La Birmania dorata sarebbe diventata Un luogo di pace canta una tarana – canzone poetica rohingya raccolta dalla studiosa malese Kazi Fahmida Farzana nel suo bell