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CINESERIE CASALINGHE

Non sono mai stato in Cina.  Vicino, sì. Proprio dentro, no. Così la Cina mi è venuta a trovare. Si fa per dire. Due curiose intrusioni, una reale, l'altra mentale.


Numero  uno
navigando in rete scopro che nel 2011 sono stati tradotti in cinese sia Praga sia Amsterdam.  Sulle piattaforme librarie internazionali vengono venduti a $ 60/70.
Nessuno si è sognato di avvertire l'autore, cioè il sottoscritto, anche solo per cortesia.
Si vede che si usa così. 
Le foto di copertina mi sembrano orribili, ma forse è solo questione di gusti, come al solito.




Numero due

cinque anni fa ho scritto e rappresentato un lavoro teatrale dal titolo LA CRISI NON VA IN CRISI in cui, tra l'altro, raccontavo di come la Cina stesse  delocalizzando molte sue aziende in Vietnam e Cambogia perché 

lì il lavoro costava meno e i lavoratori erano più sfruttabili che nella Cina stessa, come notava perfino The Economist dell'agosto 2010. 
Il refrain che cantavo in scena era: 
chi di delocalizzazione ferisce di delocalizzazione perisce, perché il mondo è rotondo.  
Ridendo e scherzando aggiungevo che avremmo gustato il sapore vero della Crisi Mondiale solo quando la medesima avesse toccato la Cina e che c'erano tutte le avvisaglie perché questo si avverasse abbastanza presto.
Apriti cielo! Che ne sai, tu? Chi te l'ha detto?   
In fondo avevano ragione, che ne so io che non sono mai stato in Cina? Facevo solo qualche ragionamento antiquato, che i cinesi, lavoratori e lavoratrici, volevano stare sempre meglio, avere soldi da spendere, case belle, automobili, viaggi, possibilmente in fretta, senza dover aspettare il sole dell'avvenire, che spesso si sarebbero incazzati per avere migliori condizioni di lavoro, e così via. Che tutto questo avrebbe alimentato, perfin troppo, la finanza e addentellati vari. Non era una raffinata analisi di economia. Era un sentore, del tipo 2+2. 
Azzeccato, nella sostanza. Purtroppo.

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